Adozione. Adottare bambini piccoli non ci risparmia dal problema dell’abbandono

Anche con i bambini adottati piccolissimi, prima o poi si affronta il tema dell’abbandono e le frustrazioni a ciò legate

 Una delle tematiche più spinose, complesse ma di interesse principale per le coppie che decidono di avvicinarsi al progetto adottivo è rappresentata dall’età del bambino o dei bambini da accogliere in famiglia.

In genere, soprattutto in una fase preliminare, i coniugi sono portatori di molteplici aspettative, esplicitate, più o meno consapevoli o finanche inconsce che agiscono su diversi livelli tanto da orientare istintivamente, agendo da bussola sia sull’approccio verso alcuni argomenti dell’adozione che sulle proprie scelte in itinere.

Sia se si pone una domanda diretta sull’idea di una possibile età di riferimento del figlio/i che arriverà, sia se si lascia ampio spazio al fluire libero dei pensieri, generalmente, le due figure genitoriali rispondono “piccolo”, che vuol dire tutto o niente.

Cercando di sviscerare insieme, a piccoli e delicati passi, cosa, quanto e perché si cela dietro la risposta “piccolo” si apre un mondo costruito da incertezze, paure, leggende, miti, attese, desideri, aspettative non solo individuali ma anche bagaglio familiare e amicale che ogni genitore conduce con sé nella realizzazione del proprio progetto adottivo.

 L’età del bambino non è matematicamente proporzionale alla sua ferita

Nel momento in cui, si inizia a fornire qualche riscontro alle tante domande emerse rispetto ai molteplici pensieri e costruzioni cognitive che la risposta espressa racconta, si giunge alla problematica del vissuto abbandonicoTendenzialmente si visualizza una sorta di equazione matematica per cui, per il genitore, minore è l’età del bambino ed inferiore, in proporzione, sarà la ferita abbandonica. Tale idea o convincimento è foriero del bisogno umano atavico di possedere rassicurazioni e punti di riferimento certi ma stiamo parlando di bambini, della loro storia, del loro vissuto, delle origini, di mancanze e tutto in un’ottica, prospettiva ed analisi o valutazione che, fortunatamente, non tutto si può e deve quantificare.

Non si è genitori se e solo se si cambiano i pannolini o si nutre con le pappe

Esaminate le esigenze che si combinano con desideri e convenzioni sociali che si è genitori se e solo se si cambiano i pannolini o si nutre con le pappe e quindi il “piccolo” si identifica con i bambini di pochi mesi si riesce a calmierare anche la veridicità che con “piccoli” un po’ più grandi e quindi dai tre anni in poi i ricordi divengono maggiormente strutturati e lineari e la sofferenza derivante dal substrato abbandonico aumenta. Anche qui non può verificarsi un 1 più 1 uguale 2, perché alcuni bambini, quelli che possiedono tracce mnestiche reali rispetto ad altri che costruiscono parti della loro storia partendo dai frammenti che si possono evidenziare dai dossier e/o dalle ricostruzioni che, nel tempo, riescono a definire, non appaiono avulsi da qualsivoglia sofferenza abbandonica o similare.

Magari i bambini più “grandicelli” possono recuperare brandelli di storia personale e, seppur con estrema e sofferente esame di realtà, giungere alla consapevolezza frustrante che la loro vita è adesso e che le figure di riferimento precedenti, con qualsiasi titolo e tipologia di relazione, non potevano essere in grado di garantire cure ed affetto adeguati ad una crescita sana ed armoniosa.

La ferita abbandonica si lenisce ma non guarisce

La ferita abbandonica si lenisce ma non guarisce, si accarezza per intenerirla in modo che faccia meno male e le sue conseguenze riescano ad attutirsi ed il dolore si affievolisca ma si avvia verso una lenta cicatrizzazione della sofferenza.

Il compito principale dei genitori, difficile, complesso, continuo e costante può delinearsi verso una consapevolezza nel dotare di senso e di significato, ove possibile, la storia ed il vissuto specifico ed unico del proprio bambino.

L’importanza di elaborare insieme

Durante il periodo adolescenziale o magari quando si penserà di costruire e creare una propria famiglia, le domande emergeranno e si paleseranno con irruenza, in maniera continua, persistente ed incessante e si potrà avvertire la sensazione di essere travolti da uno tsunami emotivo devastante. La mamma ed il papà, anche compiendo degli errori ma con la precisa e piena consapevolezza che si è scelto di ricoprirlo e diventare tali per tutta la vita, accoglieranno le sensazioni ed i caleidoscopici stati d’animo offrendo la possibilità al bambino o magari adolescente che si appresta a diventare adulto di elaborare insieme, vicini, l’uno a fianco all’altro la propria storia e vissuto per poi ritrovarsi e riscoprirsi appartenenti in una condivisione vicendevole e reciproca in itinere. I genitori insieme ai propri figli possono divenire promotori di benevolenza rispetto ad un destino che sembrava ineluttabile ma che poi, ad un certo punto, ha deciso di farli incontrare per poi capire che si può spiegare la propria rabbia e frustrazione canalizzandola e modificandola e creando in un progetto di vita più grande, più bello, appagante ed armonioso.

Giovanna Buonocore

Psicologa Ai.Bi. Amici dei Bambini, sede di Salerno