Adozione internazionale: coppie autorizzate ad adottare bambini solo se più piccoli di sei anni e senza problemi sanitari…

La prassi, non prevista dalla legge, dei “decreti vincolati” in uso presso alcuni tribunali italiani non riconosce un diritto che va garantito a tutti i bambini senza alcuna discriminazione!

 La prassi di alcuni Tribunali per i minorenni di emettere decreti di idoneità difficilmente utilizzabili non è nuova.

Iniziata da tempo immemore, aveva toccato l’apice circa vent’anni fa quando le coppie venivano autorizzate ad adottare bambini “di razza europea”, oppure “con la pelle bianca”…con locuzioni che a leggerle adesso fanno ancora venire i brividi. Questi decreti discriminatori poi spariti per un certo periodo riapparvero intorno al 2010 per essere poi, almeno per questo abominevole aspetto della “razza”, tacciati di illegittimità dalla Corte di Cassazione con sentenza SU n. 13332/2010 proprio su iniziativa di Ai.Bi.

In quel momento la Cassazione sembrava avere chiarito una volta per tutte che “Il principio di non discriminazione costituisce uno dei principi fondamentali dell’ordinamento, da cui, a norma della citata L.n.184 del 1983, artt.1 e 35, la intera procedura relativa alla adozione internazionale non può discostarsi“…ma evidentemente non è stato sufficiente.

 Oggi lo scenario si ripresenta con insistenza sotto altri profili.

Con recente decreto, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha dichiarato una coppia idonea all’adozione di “un minore che non abbia compiuto gli anni 6 al momento dell’abbinamento e che non presenti problemi sanitari che ne possano compromettere l’autonomia in età adulta.”

Oltre al profilo, già noto, dell’età, che diversi decreti riducono alla fase “prescolare” – con ciò tagliando fuori dalla possibilità di essere accolti la maggior parte dei bambini stranieri dottabili all’estero – , l’apparizione dello stato di salute come condizione cui è sottoposta la disponibilità di accoglienza di questa, come di altre coppie, pone non solo dei dubbi anche etici per la concreta difficoltà di stabilire cosa debba intendersi per “perfettamente sano” (locuzione utilizzata in alcuni altri recenti decreti), ma si spinge così per la prima volta a garantire alle coppie qualcosa che nessun essere umano in nessuna situazione sarebbe in grado di garantire.

I bambini adottabili sono dichiarati tali dalle autorità dei Paesi di origine che offrono agli enti, e per essi alle coppie disponibili degli altri Paesi, le informazioni disponibili sullo stato di salute insieme a quelle relative alla storia personale e familiare. È noto che questo bagaglio di informazioni non è né possa essere standardizzato e che ogni Paese, ma anche in ogni singola storia di adozione, possono esserci delle informazioni mancanti.

L’ente autorizzato a cui le coppie si affidano con questi decreti, non potrebbe mai garantire che i bambini abbandonati, come qualunque altra persona al mondo, non possano sviluppare nel corso della vita una patologia e il fatto che tale situazione ostacoli la vita dell’adulto dipende da molteplici fattori!

È sempre possibile negli esseri umani la presenza di una malformazione latente e non conosciuta né mai diagnosticata perché ancora mai manifestatasi e presente, ad esempio, a livello genetico. Chi è medico sa perfettamente che una tendenza genetica potrebbe rimanere tale senza mai manifestarsi in una vita intera. A ciò deve aggiungersi che le conoscenze e le risorse della medicina non sono identiche e standardizzate in tutti i Paesi.

Un bambino… perfettamente sano…

 Se è stato difficile, in questi anni, “trovare” bambini “che non abbiano compiuto i sei anni” o che non presentassero “handicap”, come richiesto da alcuni tribunali, è certo che la prevalenza di bambini adottabili in età prescolare appartiene alla categoria indicata come “special need” che spesso presenta alcune problematiche di salute di vario tipo.

Ma anche dinanzi a un bambino che appaia “perfettamente sano”- ammesso che si possa definirne lo stato – come mai potrebbe un ente autorizzato fornire alle coppie, oltre che un bambino corrispondente ai propri desiderata, anche la garanzia che il figlio non abbia nessun problema che possa manifestarsi in seguito nel corso della vita?!!!

Si sta con evidenza chiedendo l’impossibile dimenticando del tutto quale sia la funzione dell’adozione internazionale ma anche diffondendo una cultura pericolosa, rappresentando l’idea di una “perfezione” nell’andamento della vita umana che nessuno potrebbe ragionevolmente garantire.

 La Corte di Cassazione e l’esigenza di formazione delle coppie

La Suprema Corte aveva già segnalato nel 2010 con la sentenza citata l’ evidente “esigenza di un percorso di formazione dei nuclei familiari che intraprendono una procedura di adozione internazionale” auspicando che le coppie venissero guidate “verso una più profonda consapevolezza del carattere solidaristico, e non egoistico, della scelta dell’adozione” così da “prevenire opzioni di impronta discriminatoria” e fornire un “sostegno psicologico che favorisca il superamento delle difficoltà cui gli aspiranti all’adozione vanno incontro vuoi per la impreparazione alla accoglienza di un bimbo che non sia a propria immagine”.

E del resto la stessa Corte aveva anche spiegato che la ratio della previsione del comma 2 dell’art.30, secondo la quale il decreto di idoneità contiene anche indicazioni “per favorire il migliore incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare”, doveva riguardare “quegli elementi utili a completare il quadro delle caratteristiche della coppia che offre accoglienza”, e non certo limitazioni tese a discriminare i bambini in attesa di famiglia!

Ma vi è di più.

All’epoca della sentenza era stata ancora da poco ratificata dall’Italia la “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” (Legge 3 marzo 2009, n. 18), ma ora che sono passati altri 10 anni, meraviglia che possa essere ancora poco noto – ed è strano che lo sia per apparati dello Stato deputati a conoscere le leggi – che  la compromissione dell’autonomia delle persone è strettamente legata all’organizzazione della società in termini di abbattimento delle barriere sia fisiche che culturali che consentano alle persone di essere davvero uguali. Ed è per questo che il futuro che ci attende è quello in cui la disabilità è chiamata a sfuggire da classificazioni e non certo quello in cui, al contrario, un ente autorizzato per le adozioni internazionali possa classificare l’inclassificabile.

L’adozione è un diritto che va garantito a tutti i bambini senza discriminazione

Ora verrebbe da chiedere agli autori di questi decreti: sapete che l’adozione è un diritto che va garantito a tutti i bambini senza discriminazione? (art. 1 della legge 184/1983, articolo 3 della Costituzione e articolo 2 della CRC); Sapete che l’Italia si è impegnata a “riconoscere che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguali benefici dalla legge” e a “vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantire alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento”?

Così sia.

Per chi volesse avere maggiori informazioni sull’adozione internazionale o volesse partecipare ad un primo incontro informativo, può accedere alla pagina di Ai.Bi. dedicata cliccando QUI

Ufficio Diritti Ai.Bi.