Adozione. Ma davvero volete adottare un figlio a 50 anni suonati?…

Una coppia che abbia 50 anni di età e che stia maturando l’idea di genitorialità attraverso l’accoglienza adottiva con quale possibilità di adozione dovrà fare i conti? 

Una coppia che abbia 50 anni di età e che stia maturando un’idea di genitorialità attraverso l’accoglienza adottiva dovrà fare i conti con l’idea di adottare un bambino “grande”.

Nell’immaginario generale, quando si pensa ad un bambino, ogni coppia parte dall’idea della “culla”, da un bambino piccolo, per poter vivere tutte le sue tappe evolutive ed emotive.

Via via il sogno si destruttura per lasciare spazio alla realtà, ed è molto importante in questa fase, per conoscere veramente chi sono i bambini in adozione, che la coppia si interroghi sulle proprie risorse, ma ancora di più sulle resistenze, allo scopo di suffragare i dubbi e le paure.

Maggiore è la consapevolezza di sé, maggiore sarà l’apertura alla conoscenza dell’altro e nel caso di bambini che abbiano superato la fase della pubertà e stiano per entrare nella preadolescenza e nell’adolescenza, è necessario un lavoro maggiore.

Bambini grandi e storie di vita

I bambini più grandi hanno una storia di vita fatta di un maggior numero di esperienze spesso traumatiche, spesso fatte di tentativi falliti di rientri in famiglia e di successive esternalizzazioni. Di case-famiglia o passaggi in varie famiglie affidatarie e di tentativi di inserimento adottivo in adozione nazionale.

Tutte queste esperienze rendono i bambini grandicelli diffidenti nei confronti degli adulti; pertanto, la coppia dovrà essere ben consapevole e preparata alla possibilità che il legame vada costruito con il tempo, con la pazienza e con l’amore, perché saranno tante le resistenze che il minore potrebbe avere.

È indispensabile che la coppia elabori i propri lutti e le proprie paure, per ampliare la propria accoglienza.

Se il bambino grande, da un lato, ha esperienza della frammentazione, dall’altro ha anche esperienza della solitudine, data dal suo stato prolungato di abbandono e dal fatto che l’adozione rappresenta la sua unica possibilità per avere una famiglia che tanto desidera.

Le coppie sono spaventate dalla memoria storica del bambino grandicello, che ricorda vividamente la famiglia di origine, spesso ha dei fratelli in istituto, con i quali ha un legame, altri fratelli ancora inseriti nella famiglia biologica e questo crea inquietudine e diffidenza da parte della coppia, nella possibilità che si possa veramente creare un legame affettivo perché perturbato da questi fattori, che nella loro fantasia impedirebbero il vincolo.

I bambini grandicelli hanno una serie di “buchi affettivi” da dover ricucire.

Hanno dovuto rinunciare a fasi dell’infanzia per sopravvivere, hanno dovuto prendersi cura e farsi carico dei fratelli quando vivevano nella famiglia di origine, deficitaria e carente e successivamente nell’istituto per difenderli dalle dinamiche di supremazia e prevaricazione del gruppo di pari.

Superato il periodo di diffidenza delle figure adulte, il bambino grandicello si affiderà ai suoi genitori e finalmente potrà sentirsi in un luogo sicuro, amato e protetto e si permetterà di “regredire affettivamente”. Avrà bisogno di contatto, presenza, rassicurazione e pur trovandosi in quella fascia di età dove il gruppo dei pari sta prendendo distanza dalle figure genitoriali, lui al contrario avrà bisogno di stare con i suoi genitori.

Al tempo stesso anche la coppia ha bisogno di recuperare e conoscere il proprio figlio e le regressioni rappresentano una occupazione preziosa per creare lo “zoccolo duro della famiglia”.

Il bambino grandicello, inoltre benché conservi un vivido ricordo della famiglia di origine, una volta inserito nel nuovo contesto sperimenterà cosa voglia dire essere famiglia; ricorderà i suoi fratelli, avrà bisogno del suo spazio ma anche di chi si occupa di lui.

Dal canto suo la coppia sarà il collante che a tempo debito permetterà il nutrimento del legame con la fratria, che rappresenta le radici.

Infine, ogni situazione ha sempre l’altra faccia della medaglia, una coppia grande ha sedimentato un equilibrio più strutturato, i tempi, gli spazi, la gestione della quotidianità sono settati e scanditi in una dinamica duale, con i propri ritmi, le proprie regole interne e l’ingresso di un bambino con i suoi ritmi, a tratti sregolati, pone la coppia nella rivisitazione di tutto il ménage, che deve rapidamente adattarsi e cedere spazio.

È indispensabile farsi da parte, mettersi in ascolto, adeguarsi ai ritmi del  proprio figlio, talvolta senza capire, decentrandosi e mettendo da parte le proprie aspettative, fantasie e attese di famiglia.

Dott.ssa Lucia Ciaramella Psicologa della sede Ai.Bi. di Salerno