Adozione. Ricerca delle origini. Griffini: “Distinguere tra ‘legittimo desiderio’ e ‘presuntuoso diritto’”

Il presidente di Amici dei Bambini racconta a Interris.it le motivazioni per cui il tema è stato al centro dell’ultima settimana di incontro e formazione dell’associazione

La ricerca delle origini da parte dei figli adottivi? Un tema complesso che, purtroppo, come tutti i temi complessi, si presta spesso a deleterie semplificazioni. Per questo Ai.Bi. – Amici dei Bambini, organizzazione nata da un movimento di famiglie adottive e affidatarie oltre trent’anni fa, ha deciso di farne l’argomento principe della XXVIII settimana di incontro e formazione dell’associazione, che si è tenuta a Casino di Terra, in provincia di Pisa, a fine agosto.

“Molto spesso – ha spiegato il presidente di Ai.Bi. Marco Griffini durante un’intervista concessa al giornalista Marco Guerra di Interris.itle argomentazioni su questo tema seguono facili scorciatoie verso l’interpretazione della cosiddetta ricerca delle origini come di un diritto. Questo in virtù di una tendenza della società contemporanea a rappresentare qualsiasi istanza degli individui come un imperativo cui dover aderire ‘a prescindere’, perché, per la realtà sociale in cui viviamo, non solo la libertà ma addirittura i capricci individuali non devono avere limiti, senza considerare eventuali diritti esercitabili da altri soggetti comunque coinvolti, trasformandosi automaticamente in un’istanza da sostenere e garantire, anche per legge, ad ogni costo. Ma non è così e serve una riflessione approfondita. Serve una distinzione tra un ‘legittimo desiderio’ e un ‘presuntuoso diritto’; occorre svelare e dire quanto le proprie ‘origini’, di sangue e di terra, non siano automaticamente da considerare come il proprio originario fondamento. C’è insomma un ‘mito del vincolo biologico’ che è da rivedere. E ciò vale anche per i genitori adottivi. Così la ricerca delle origini è diventato per molti un percorso al limite della schizofrenia”.

Un ruolo, in tutto questo, lo hanno anche i social network. “Quella che è l’era della trasparenza – prosegue Griffini – è, in fondo, anche l’era della sorveglianza collettiva, dove, pur non approfondendo alcun rapporto e sentendosi estranei, tutti possono sapere tutto di tutti e non esiste più una dimensione privata, intima. Così un ragazzo che con il proprio genitore naturale condivide soltanto un legame di sangue, ma che non sa nulla del vissuto di quella persona, attraverso quell’utile ma per certi aspetti pericolosissimo strumento che sono i social può, in ipotesi, arrivare a scandagliarne l’esistenza e facendo, nella maggior parte dei casi, del male soprattutto a se stesso”.

Oggi, se una persona adottata non si pone il problema della ricerca delle origini – ha aggiunto il presidente di Amici dei Bambini, a proposito degli interventi da parte di figli adottivi durante l’incontro di Casino di Terra – non è considerata ‘normale’, proprio in virtù delle considerazioni fatte in precedenza. Ecco, questi ragazzi hanno raccontato proprio questo: come siano a volte guardati come extraterrestri per il solo fatto di non manifestare questo desiderio e di sentirsi pienamente ‘figli’ dei propri genitori adottivi, quelli che, magari, hanno tenuto loro la mano quando da piccoli non riuscivano ad addormentarsi o che hanno gioito dei loro successi e pianto insieme a loro per le sconfitte. Riporto l’intervento di una ragazza che ha detto una frase bellissima, riguardo alla propria madre naturale, ossia che ‘non c’è bisogno di andare a cercarla’ perché la gratitudine per averla messa al mondo lei ‘di sicuro la sta sentendo nel suo cuore’. E, del resto, cosa potrebbe accadere piombando all’improvviso nella vita di qualcuno di cui non si conosce il vissuto? E se l’incontro desse origine a un rifiuto? Quali emozioni potrebbero scatenarsi? Davvero farebbe bene?”

L’intervista con Guerra, tuttavia, è stata anche l’occasione per ribadire la necessità di un rilancio della adozione internazionale.Oggi c’è sfiducia nell’adozione internazionale – ha concluso Griffini – per come è stata bistrattata dalla politica e dai Governi che si sono succeduti negli anni. Quando nel 2011 Carlo Giovanardi lasciò la Presidenza della CAI – Commissione Adozioni Internazionali i bambini adottati erano stati 4mila in un anno mentre nel 2018 sono stati circa 1300. Senza una spinta propulsiva a livello politico, se il governo non investe e non tiene rapporti con i Paesi esteri attraverso il primo motore diplomatico dell’adozione internazionale, ovvero proprio la CAI, non può esserci una svolta. La vicepresidente attuale, dottoressa Laura Laera, sta lavorando bene dopo la disastrosa gestione di chi la aveva preceduta, Silvia Della Monica, ma il presidente del Consiglio Conte, che ne detiene la presidenza, avrebbe dovuto delegare il proprio ruolo in tale consesso al ministro competente in materia di Famiglia. Invece, in virtù di divergenze ideologiche tra Cinque Stelle e Lega, non è accaduto. Ai tempi di Giovanardi la commissione si riuniva una volta al mese. Ora capita addirittura che le riunioni non abbiano il numero legale, pazzesco. Ma le associazioni e gli enti autorizzati non possono essere lasciati da soli”.