Adozioni internazionali: i lettori di Aibinews promuovono gli enti autorizzati

kenyaL’ultimo sondaggio lanciato da Amici dei Bambini  ha il sapore di una pagella per gli enti autorizzati: promossi. Anche se con una striminzita sufficienza. Sono passati  17 anni dalla legge 476 che ha regolamentato il settore delle adozioni internazionali, rendendo  obbligatorio l’intervento dell’ente autorizzato in tutte le procedure di adozione all’estero. E almeno per i lettori di Aibinews il sistema attuale resta valido. Nonostante ognuno dei 62 enti faccia quello che vuole: costi diversi da uno all’altro, pagamenti in contanti e in nero, obblighi di trasparenza non rispettati.

La precedente disciplina permetteva agli aspiranti genitori adottivi di rivolgersi anche direttamente alle autorità straniere, ma al di là delle esperienze negative legati a singoli enti, in questi anni le famiglie hanno sperimentato l’importanza del ruolo e del valore degli enti autorizzati. E per questo non tornerebbero indietro.

Alla domanda  «Una Cai paralizzata e un sistema fuori controllo rischiano di condurre alla fine dell’adozione internazionale in Italia. In questa situazione, sarebbe meglio tornare alle adozioni “fai da te”?», il 58% dei partecipanti al sondaggio ha risposto “no” al ‘fai da te’.

Fa riflettere il parere dei nostri lettori. In un sistema che anziché incoraggiare e motivare le coppie ad adottare, pone loro tanti inutili ostacoli al desiderio di aprirsi a un figlio di cuore, la fiducia delle famiglie negli enti autorizzati quasi commuove. E’ il risultato di anni di lavoro, di vicinanza alle coppie e di competenze acquisite. Patrimonio che adesso rischia di essere annullato perché il sistema complessivo è allo stallo.

Una Cai completamente paralizzata, che si è riunita una sola volta nell’ultimo anno e mezzo, che non accoglie le istanze degli enti per aperture nuovi Paesi, che non dialoga con gli enti, che non effettua le verifiche su di essi previste dal suo stesso regolamento, lasciandoli così totalmente autonomi per costi e procedure adottive. E ancora:  una Cai che non organizza missioni all’estero e neppure accoglie delegazione straniere. Tutto questo è la premessa dolorosa della fine delle adozioni internazionali.  

Non c’è davvero alternativa. Per salvare il settore, occorrerà impegnarsi attivamente per  far in modo che il sistema dell’adozione internazionale cambi al suo interno, con le istituzioni di riferimento capaci di farsi carico dei propri doveri e delle proprie responsabilità. Per non buttare alle ortiche 17 anni di lavoro, fatto da tutti coloro che credono nell’adozione internazionale come strumento per migliorare un po’ il mondo, partendo dalla vita di un bambino abbandonato.