Pochissime adozioni internazionali? Occorre fare il tifo per chi accoglie un minore abbandonato

Adozioni in calo? Pochi bambini adottabili? Fine dell’Adozione Internazionale? Un po’ di chiarezza sui tanti temi, spesso fuorvianti, che ruotano intorno all’Adozione. Perché la questione riguarda tutti noi come società civile

Verso la fine di agosto, l’Adozione Internazionale è tornata a essere un argomento dibattuto su diversi organi di stampa. A dare idealmente il via alla discussione è stato un interessante articolo de Il Post: “Le adozioni internazionali ormai sono pochissime”.
Sui numeri c’è poco da discutere, più volte, anche la stessa CAI e gli Enti Autorizzati lo hanno sottolineato. A lasciare più perplessi, invece, sono alcune delle dichiarazioni della presidente del Coordinamento CARE, Monya Ferritti, riportate nell’articolo.

L’Adozione Internazionale, da sempre, è “l’ultima possibilità”

In particolare, colpisce l’ultimo virgolettato, che è anche quello che chiude l’intero articolo: “Oggi comincia a farsi strada l’idea – dice Ferritti – che la cosa migliore, quando possibile, sia sempre garantire a un bambino o a una bambina una famiglia nel suo contesto d’origine, anziché allontanarlo”.
Non è certo il concetto a lasciare stupiti, quanto la consapevolezza che, in realtà, fortunatamente è sempre stato così. L’istituto dell’Adozione Internazionale è stato proprio concepito come decisamente sussidiario. Lo afferma la stessa convenzione dell’Aja, che sottolinea come un bambino, se nel Paese d’origine c’è una famiglia che vuole adottare, debba restare all’interno dei confini. Anzi, quella famiglia deve essere aiutata nel suo compito di accoglienza. Ed è proprio questa l’origine dei progetti promossi dagli Enti autorizzati nei vari Paesi nei quali operano. Vale la pena ricordare, a questo proposito, che in Italia, per essere autorizzati a svolgere le pratiche di adozione internazionale, gli enti devono realizzare progetti di cooperazione internazionale nei paesi di origine dei minori che adottano.
La stessa Adozione a Distanza, promossa in quei Paesi, è fondamentale per favorire e accompagnare il reinserimento dei minori abbandonati all’interno delle loro famiglie d’origine, laddove possibile. Solo nell’arco del 2024, Ai.Bi. Amici dei Bambini ha accompagnato 392 minori nel percorso di reinserimento in Bolivia, Ghana, Kenya e Repubblica Democratica del Congo.

Tanti bambini in attesa di una famiglia

Anche l’affermazione secondo la quale non sono solo le persone che adottano a diminuire, ma “che i bambini adottabili dall’estero sono sempre meno” è fuorviante. Gli Enti autorizzati ricevono periodicamente dalle Autorità Centrali dei vari Paesi elenchi di decine e decine di minori abbandonati dichiarati adottabili, che spesso sono da anni chiusi in un orfanotrofio. Basterebbe sommare una manciata di questi elenchi per vedere i minori disponibili all’adozione superare il numero delle persone disponibili ad adottare.
Certo, anche alla luce di questi numeri e queste precisazioni, rimane vera la principale constatazione al centro dell’articolo: le adozioni internazionali sono calate del 90% negli ultimi 13 anni. Ma anziché limitarsi a constatare questo dato di fatto, non sarebbe utile interrogarsi fino in fondo sulle sue ragioni? Perché, allora, bisognerebbe con onestà ammettere che in tutti questi anni dell’adozione si è sempre parlato in maniera negativa, creando intorno a essa sentimenti di sfiducia, sospetto e negatività.

Difendere l’Adozione come un bene prezioso per la società tutta

La stessa legge del 1983, che prevedeva un percorso di accompagnamento delle coppie con precise tempistiche e modalità, non è mai stata pienamente attuata, così che tale percorso è diventato una lunghissima e faticosa via crucis, irta di ostacoli di ogni tipo.
Perché, invece, proprio di fronte a questa diminuzione delle disponibilità, le persone che si avvicinano all’adozione internazionale non vengono accolte da tutti con gioia e gratitudine? Perché non vengono accompagnate nel percorso piuttosto che rigidamente valutate? Perché non vengono aiutate economicamente, fino a rendere totalmente gratuito l’iter per adottare, invece che dover mettere in conto migliaia di euro di spese?
Perché se è vero che queste persone vanno ad adottare il loro figlio, vanno anche a compiere un grande atto di solidarietà e civiltà: ricomporre quella tremenda frattura che tutti noi, società civile, abbiamo compiuto nel permettere che un bambino venisse abbandonato dai propri genitori in qualche Paese del mondo!
Occorrerebbe fare il tifo per quelle coppie (e, ora, anche per i single) che accettano, oggi, di essere padri e madri di un figlio non proprio, decidendo di farsi carico del suo destino, nel bene e nel male. E occorrerebbe che tutti noi, come società civile, ci facessimo carico dei problemi che una coppia (o un single) possa eventualmente incontrare nel suo cammino di accoglienza, perché non si tratta solo di “problemi suoi”, ma di quelli di una bambina o di un bambino vittima di abbandono e, quindi, di ciascuno di noi.