Adozioni: polemica tra matrimonialisti e CAI, non servono analisi buonistiche

Il tema dei famosi “decreti razzisti” riaccende la polemica sulle scelte etniche delle famiglie che aspirano all’adozione.
A dar fuoco alle polveri è stato Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione avvocati matrimonialisti, che ha diffuso una serie di elaborazioni basate sui dati ufficiali della Cai, la Commissione per le adozioni internazionali.
La stessa Cai ha poi replicato esprimendo “sconcerto” e definendo “infondate” le affermazioni dei legali.

Nel 2009, ha detto l`AMI, i bambini di origine straniera adottati in Italia sono stati 3.964, mentre il totale degli ultimi dieci anni è di 27.965 bambini. E fin qui, niente di nuovo. Ma il fenomeno, ha dichiarato Gassani leggendo le cifre, “resta sostanzialmente riservato alle coppie benestanti e del Centro-nord: Lombardia al primo posto, seguita da veneto e Toscana”.
Non solo, ha proseguito il presidente AMI: «La maggior parte degli aspiranti genitori preferisce un maschio, si orienta sempre di più verso la Russia e l`Ucraina e anche la Corte di Cassazione è dovuta intervenire, nella scorsa primavera, per impedire la prassi dei decreti “mirati” che consentivano alle coppie di ricongiungersi a un determinato bambino dopo averlo scelto direttamente».
Sul sito dell’AMI viene pubblicata una controreplica alle accuse di infondatezza espresse dalla Commissione Adozioni: “Nessuno ha affermato che in Italia tutte le coppie siano razziste ma è sconcertante negare che una significativa parte di esse lo sia”, rincara l’avvocato Gassani. “Del resto, tanto per uscire fuori da equivoci od ipocrisie di fondo, è arcinoto che le coppie che intendono adottare un bambino straniero possono scegliere l’etnia di quest’ultimo attraverso il conferimento di incarico all’ente autorizzato ‘giusto’, ossia che opera in determinati Paesi. Pertanto la scelta del bambino ‘perfetto’ è stata finora assolutamente praticata da moltissimi. Il sistema adozioni va rifondato: adottare un bambino è un gesto di altruismo e non la mera ricerca di colmare un vuoto genitoriale. E’ innegabile, altresì, il dato statistico fornito dalla stessa CAI secondo cui nel quasi 60% dei casi i bimbi adottati siano di sesso maschile, dato sempre costante negli ultimi anni. Nessuno disconosce l’impegno della CAI ma non sono accettabili buonistiche analisi su un fenomeno come quello delle adozioni internazionali che meriterebbe ben altri approfondimenti”. 

(Fonte: Vita)