Bolivia: quando l’istituzionalizzazione crea dipendenza

Immaginate vostro figlio al termine delle scuole superiori. Ha circa 18-19 anni e decide di andare all’università, alla Statale di Milano, per studiare scienze politiche. Voi abitate a circa 3 ore da Milano, per cui é impensabile che vostro figlio viaggi: é necessario prendere in affitto un appartamento condiviso con altri ragazzi. Uno scenario abbastanza comune per la maggior parte dei giovani italiani nel 2011. Spesso i genitori fanno dei sacrifici per permettere ai figli di studiare e risiedere comodamente nella città in cui trova sede l’università. I genitori fanno dei calcoli economici, rinunciano al ristorante la domenica a pranzo, magari con una pizza da asporto il sabato sera; rinunciano a tre settimane di vacanze ad agosto, magari ne fanno una a settembre. Insomma, per i figli si fanno dei sacrifici. Per noi figli é quasi scontato che questo accada.

Cambiamo scenario e andiamo a La Paz, in Bolivia. Quello che da noi é scontato, qui non lo é affatto. I genitori dei ragazzi sono i primi a non avere le possibilità economiche di mantenere i figli e farli studiare. Questo il motivo per cui molto spesso si ricorre all’istituzionalizzazione, nonostante siano pochissimi i casi di orfani. Il problema reale é che spesso le famiglie dimenticano di avere dei figli in istituto e, quando i ragazzi arrivano all’età di 18-19 anni, obbligati a lasciare le cure dell’istituto, sono completamente spaesati. I genitori, allo stesso tempo, non hanno le possibilità economiche di offrir loro uno spazio in casa. L’aver vissuto per anni in un istituto in città, con dei requisiti minimi di comfort quali acqua calda, luce elettrica, televisione, possibilità di partecipare alle feste, rende i ragazzi incapaci di riadattarsi alla dura vita della campagna. Quando si trovano davanti alla realtà dei fatti, ovvero all’incapacità, da parte dei genitori, di appoggiarli, lo scontro é traumatico e difficilissimo. Devono cavarsela da soli, per ottenere qualsiasi cosa possono contare solo sulle proprie capacità, le quali non sono state sviluppate a sufficienza negli anni di istituzionalizzazione.

Il nostro lavoro consiste anche nel sostenere i ragazzi nel processo di acquisizione dell’indipendenza e nello stimolare le abilità sociali assopitesi negli ultimi anni di permanenza in istituto.

Se un ragazzo italiano sogna il giorno in cui andrà all’università e sperimenterà l’indipendenza dai genitori, per un ragazzo boliviano cresciuto in istituto questo è quasi un incubo. Per la prima volta nella vita, prova cosa significa la parola solitudine e cosa vuol dire dover lavorare per mangiare.

Non sempre i nostri ragazzi arrivano pronti all’appuntamento. L’istituto li ha resi dipendenti e incapaci di affrontare la vita. L’istituto si può paragonare ad uno zoo che riduce in cattività gli animali: il giorno in cui si apre la gabbia, l’animale muore di fame, perché ha sempre avuto qualcuno che tutti i giorni alla stessa ora gli portava il cibo.

Questo é il grande rischio dell’istituzionalizzazione, creare una dipendenza così grande nei ragazzi, da renderli incapaci di “cacciare”.