Campania, il caso del nuovo protocollo d’intesa sull’adozione internazionale: il Crai prima esclude gli enti poi li obbliga a firmare

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Fino a prova contraria, il sistema italiano delle adozioni internazionali comporta il ricorso obbligatorio, da parte degli aspiranti genitori, agli enti autorizzati. Lo dice la legge. Gli enti, quindi, non sono solo soggetti determinanti in tutte le fasi dell’iter che porta all’accoglienza di un nuovo figlio, ma sono soprattutto attori imprescindibili in una realtà complessa come quella dell’adozione internazionale. Peccato, però, che ogni tanto qualcuno tenda a dimenticare il ruolo fondamentale degli enti. Tra chi sembra aver trascurato questo importante aspetto sembra esserci anche il Crai (Centro regionale adozioni internazionali) della Regione Campania. Il quale, in vista della stesura di un protocollo d’intesa tra lo stesso Crai, i Tribunali per i Minorenni di Napoli e Salerno e gli enti, ha chiesto la collaborazione di tutti gli Ordini professionali interessati alla procedura adottiva, “dimenticandosi” di coinvolgere proprio gli enti autorizzati.

L’accordo, che il Tribunale per i Minorenni di Salerno non ha ancora sottoscritto, è nato sicuramente con le migliori intenzioni: alleggerire le pratiche per i cittadini che intendono adottare un minore e garantire un efficace accertamento delle condizioni di salute sia della coppia che del bambino. Obiettivo però vanificato dal fatto che i rappresentanti degli enti autorizzati non siano stati chiamati in causa, insieme a tutti gli altri professionisti interessati, a dare il loro valido contributo per rendere il nuovo protocollo realmente efficace.

Insomma, sembra proprio che il Crai della Campania non ne voglia sapere di sedersi al tavolo con gli enti, soggetti indispensabili in ogni procedura adottiva, e che ritenga degni di considerazione solo i pareri degli ordini professionali, dai medici agli avvocati, con cui sono stati ragionati, discussi e stabiliti i termini dell’accordo.

Il direttore del Crai della Campania, Giampaolo Paudice, ha quindi chiesto agli enti operativi nella sua regione di sottoscrivere il protocollo, senza però aver mai discusso con loro i contenuti dell’accordo. Alcuni enti hanno accettato di firmare, mentre altri hanno chiesto di rivederne alcuni passaggi.

Tra questi, anche Amici dei Bambini che, per esempio, ha sollevato perplessità sulla reale possibilità di riuscire a raccogliere, custodire, aggiornare e comunicare ogni notizia sullo stato di salute dei minori adottati. Eppure l’importanza della scheda clinica, sia dei genitori che del bambino, è ben nota a Paudice, che di professione è dirigente medico.

Davanti ai dubbi e alle questioni manifestate dagli enti che hanno deciso di non firmare il protocollo, però, il Crai non ha mostrato alcuna apertura alla possibilità di rivedere, almeno in parte, i termini dell’accordo. Come dire: “o firmate il protocollo così com’è (ovvero, come è stato redatto senza l’apporto degli enti) o verrete valutati negativamente”.

A ulteriore dimostrazione del fatto che, a quanto pare, per Paudice, in Campania o si fa come vuole lui o niente, lo stesso direttore del Crai, invitato a partecipare al convegno organizzato da Ai.Bi. a Gabicce Mare (PU) il 26 e 27 agosto sul tema della crisi dell’adozione internazionale, ha chiaramente fatto capire di essere disponibile a intervenire, portando la sua esperienza, solo a patto che Ai.Bi. si pieghi a firmare l’accordo così com’è.

I protocolli, insomma, non si fanno così: se la loro realizzazione prevede il coinvolgimento di tutti gli attori, non si possono trascurare gli enti. I quali sono sì disponibili alla collaborazione, purché sia partecipata.

 

Fonte: Quotidiano Sanità