Cassazione: arrivano i “genitori” ma se ne vanno mamma e papà?

Giudicato inammissibile il ricorso del Ministero contro la decisione della Corte d’Appello di utilizzare la dicitura “genitore” sulla carta d’identità dei figli. “Madre” e “padre” possono essere discriminatori

Sembrerebbe giunta alla fine la vicenda sulla possibilità di mettere la dicitura “genitori” sui documenti dei figli al posto di “mamma e papà”: dopo la prima sentenza, confermata anche in appello, e il successivo ricorso del Ministero degli interni, la Cassazione si è espressa sulla questione, respingendo la richiesta di poter disapplicare il decreto ministeriale del 31 gennaio 2029 con il quale l’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini aveva deciso di eliminare la parola “genitori” dai documenti dei figli minori di 18 anni per tornare alla dicitura “padre” e “madre”.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, che per primo ha dato la notizia, i giudici hanno ritenuto che la dicitura “genitori” fosse l’unica in grado di dare “una rappresentazione corrispondente allo stato civile del piccolo” (che, per ricostruire tutta la vicenda, è figlio di due “madri”).

La messa in discussione di un rapporto unico

Non è certo questo il luogo per entrare nelle pieghe della sentenza e della legge, certo fa sempre un certo effetto constatare come da una sentenza si finisca, inevitabilmente, per arrivare a uno scontro ideologico che, di fatto, mette in discussione la bellezza tanto dei termini “genitore”, quanto quelli di “padre” e “madre”.
La convinzione di Amici dei Bambini è che il non poter vedere scritto su un documento ufficiale questi due termini, spersonalizza quello che, in realtà, è un rapporto unico e assoluto: ovvero quello tra i figli e i propri genitori.
L’impressione, come già sottolineato nel commento alla sentenza di appello, è che in nome di una estrema ricerca del “politicamente corretto”, si finisca per non dare riconoscimento alla genitorialità “piena” di tutte quelle madri e quai padri che per natura, sesso o acquisizione, biologica e adottiva, hanno il diritto di essere chiamati “mamma e papà”.