Colombia: dalle Alpi alla Sierra Nevada, in cerca delle proprie radici

danielQuesta è la storia di un giovane svizzero di 25 anni, adottato in Colombia quando aveva solo pochi mesi e partito dalle Alpi Svizzere alla volta della Sierra Nevada, per scoprire le sue radici, conoscere la sua mamma naturale e richiedere anche la nazionalità colombiana

Si chiama Daniel Zimmermann (nella foto il primo a destra) e ha deciso di lasciare tutto, il lavoro, la città in cui è cresciuto, le sue sicurezze, per volare in Colombia alla riscoperta delle sue origini. Se n’è andato da uno dei Paesi più ricchi e sviluppati del mondo, per avventurarsi in un viaggio lungo, difficile, che gli avrebbe cambiato la vita. Non l’ha fatto da solo: la sua famiglia adottiva l’ha sostenuto con affetto e l’ha appoggiato in questa decisione, pur difficile da accettare, pensando che fosse giusto per Daniel fare i conti con il passato e fare pace con la sua storia, adesso che è un uomo.

Ho studiato economia e ho poi cominciato a lavorare in una banca dove guadagnavo veramente bene, però la voglia di conoscere le mie radici era fortissima e mi ha fatto rinunciare a tutto. Quando sono partito, sapevo pochissimo della Colombia. Qualcuno mi aveva detto che avrei trovato il caffè migliore del mondo…”.

Con quei pochi dati scritti all’epoca sulla sua adozione, Daniel è arrivato a Bogotà per percorrere il sentiero, faticoso e lungo, psicologicamente e fisicamente, verso la sua famiglia naturale, senza mai dimenticare l’appoggio incondizionato dei suoi genitori svizzeri.

Così, una volta arrivato nel Paese d’origine, la sua prima tappa è stata Chaparral (Tolima).

Daniel sapeva bene che trovare la sua famiglia sarebbe stato difficile, anche perché le informazioni sulla sua adozione risalivano a 25 anni prima ed erano alquanto imprecise.

Tuttavia, non si è demoralizzato e ha iniziato le sue indagini chiedendo, a chiunque gli prestasse attenzione, se conoscevano la famiglia Alvis.

Dopo aver percorso in lungo e in largo le strade di Tolima, fermando i passanti, bussando alle porte, non arrendendosi mai di fronte alle risposte negative, Daniel è riuscito ad entrare finalmente in contatto con la sua famiglia naturale. “Lì per lì, erano tutti molto turbati. Mia madre non aveva mai detto nulla di me, nessuno sapeva della mia esistenza”.

Luz Elida Alvis, una donna umile e povera di El Limón (un piccolo paesino di Tolima), 26 anni prima si era recata a Bogotà fingendo di avere dei dolori addominali e di aver bisogno di una visita medica. Era solo una scusa per nascondere la verità ai suoi genitori, consapevole del fatto che non avrebbe mai potuto tenere il piccolo e che l’unica soluzione sarebbe stata lasciarlo e darlo in adozione.

Per sua fortuna, Daniel fu adottato quasi subito da una coppia svizzera, che gli ha garantito educazione, affetto, serenità per 25 anni e che ha avuto la forza di sostenerlo anche quando, ormai grande, ha deciso di mettersi in viaggio alla ricerca delle sue radici, lasciando il piccolo paesino di duemila abitanti, sulle Alpi svizzere, dove vivevano, per raggiungere la Sierra Nevada.

E’ lì che ha incontrato la sua sorella biologica, Andrea Alvis, che ancora adesso non fa che ripetere quanto è stato emozionante e commovente scoprire di avere un fratello. E anche capire che anche se era vissuto in mezzo alla ricchezza, anche se era istruito, ben educato, ben vestito, si sentiva uno di loro.

Daniel adesso ha iniziato a lavorare a Bogotà per un’associazione, la “Fundación Ponte en mi Lugar” dove il suo compito è insegnare ai bambini colombiani l’inglese e il francese. 

Per ora ha intenzione di vivere qui, passare un po’ di tempo con la sua famiglia d’origine. E coltiva un sogno: creare un bar speciale dove a servire i clienti siano le persone non vedenti.

Un po’ come in Europa, a Milano, a Berlino, dove già esistono esperienze simili con gli Unsicht-Bar e i CafèNoir.

(Fonte:  eltiempo.com)