Colombia: di colpo tre fratelli, 11, 9 e 7 anni… eppure così piccoli!

Quando si scopre non poter avere figli naturali, si vive l’amarezza e il risentimento nei confronti della vita. Ci sente strappare via un diritto inalienabile. Poi si capisce che il cielo ha semplicemente predisposto per noi qualcosa di diverso da quello che ci aspettavamo.

Queste le parole toccanti di Gaetano e Antonella da Roma, di 43 e 39 anni. Un’esperienza unica. Ma quale esperienza cruciale di vita non lo è? E quale esperienza adottiva non è tra le più cruciali mai vissute?

Quando il figlio naturale non arriva e ti interroghi su cosa fare e su quale sia il percorso da seguire, allora inizi a pensare quale possa essere il destino che qualcuno “lassù” ha tracciato per te. Così inizia il racconto toccante di una giovane coppia che ha ricevuto il prezioso dono dell’adozione dalle mani di 3 bimbi della Colombia.

Come è iniziato il vostro viaggio verso questo nuovo mondo?

«Non ricordiamo un particolare momento di decisione – ci racconta Antonella – non è certamente stato nulla di pianificato e calcolato. La decisione di adottare è maturata in noi in modo naturale e spontaneo. Oggi siamo sicuri che, in effetti, l’adozione era ed è in realtà la nostra vera vocazione, quello che il Signore ha predisposto per noi da sempre – svela Antonella, madre credente –. Solo così si spiegano il nostro desiderio di avere dei figli, il fatto di non poterli avere in modo naturale e il fatto che entrambi considerassimo naturale la scelta dell’adozione.

Quando si scopre non poter avere figli naturali, si vive l’amarezza e il risentimento nei confronti della vita. Ci sente privi di un diritto inalienabile. Poi si capisce che il cielo ha semplicemente predisposto per noi qualcosa di diverso da quello che ci aspettavamo. Non abbiamo mai ritenuto la scelta dell’adozione come un ripiego, bensì come una grazia particolare ricevuta da lassù.

Come tutte le coppie che si avvicinano all’adozione, si fa un giro tra i vari Enti per capire qual è quello più vicino alle proprie esigenze. Il nostro ci ha colpito sin da subito per la professionalità e la serietà che vi si respira: un ente che è davvero dalla parte del bambino, e mette il bambino al centro di ogni esigenza.

Così ad agosto 2009 abbiamo dato il mandato e a gennaio 2012 siamo partiti per la Colombia».

Com’è stato l’arrivo nel Paese?

«In una sola parola: naturale! So che può sembrar strano, ma non abbiamo incontrato difficoltà. Arrivati in istituto abbiamo visto per la prima volta i nostri 3 figli. È stato molto difficile gestire l’emozione, all’inizio, ma poi tutto è proseguito con la semplicità dei gesti di una famiglia. Ci hanno portato Ramon, Cecilia e Juanito, che hanno dagli 11 ai 7 anni. Li abbiamo visti: bellissimi, piccoli scriccioli impauriti… Qualcosa di magico in effetti c’è stato. Li abbiamo sentiti subito i nostri “doni”. Solo il più grande all’inizio era riservato e intimidito, ma poi si è aperto e ha abbracciato con affetto mio marito. Ha trovato in lui la breccia per arrivare a noi. Che emozione infinita, quel ricordo…

Passato il primo impatto di emotività e di nervosismo, abbiamo iniziato a giocare con loro e a prender confidenza. Da subito c’è stata la voglia di stare tutti e cinque insieme come una vera famiglia. La nostra».

…e poi, il rientro in Italia?

«Be’, non possiamo certo dire di aver fatto un ritorno in sordina. All’aeroporto c’era ad attenderci gran parte della nostra famiglia: una folla di zii, nonni, nipoti. Addirittura si erano portati appresso le trombette per festeggiarci e hanno distribuito cioccolatini per tutti. I bimbi hanno gradito la festa, anche se un po’ perplessi da tanto rumore.

Arrivati a casa si sono subito ambientati, l’hanno sentita loro da subito. Adesso i nostri tre piccolini si stanno abituando alle nuove prospettive di vita; a settembre inizieranno la scuola e sarà per loro occasione di socializzazione».

Una parola per le coppie che vogliono intraprendere la strada dell’azione?

«Pazienza, amore e fiducia. In realtà sono le tre sole parole che sento di dire! Gli ostacoli ci sono, sono tanti e a volte ti buttano a terra. Ma bisogna rialzarsi, tirarsi su e risalire la china perché in fondo c’è una luce bellissima che ti attende. Quale? È semplice: la luce degli occhi dei tuoi figli quando ti chiamano mamma e papà».