Convenzione Aja 1996: la vergognosa assenza dell’Italia

Nei giorni scorsi si è riunita all’Aja una Commissione Speciale composta da 260 esperti con il compito di esaminare il funzionamento pratico delle Convenzioni dell’Aja sulla Sottrazione dei minori (1980) e sulla Protezione dei minori (1996).

In particolare per quanto riguarda la ratifica della Convenzione dell’Aja 1996, la Commissione  Europea ha sollecitato gli Stati membri inadempienti a ratificare tale convenzione.

Ad oggi la maggior parte degli Stati dell’Unione Europea fanno già  parte della Convenzione. Tra i ritardatari, Gran Bretagna e Svezia hanno comunicato di aver avviato il processo legislativo interno che porterà alla ratifica della convenzione entro l’anno.

Per quanto riguarda la situazione dell’Italia tutto tace, il nostro Paese non è stato nemmeno rappresentato istituzionalmente agli incontri dell’Aja.

Un’assenza vergognosa quella dell’Italia che lascia ancora una volta senza risposte moltissimi bambini che aspettano di vedere riconosciuti all’estero, nel caso di trasferimento, i provvedimenti di protezione disposti dal proprio Paese di origine.

Un esempio per tutti, è quello che riguarda la kafala, principale strumento per l’infanzia in difficoltà familiare nei Paesi dell’Islam. Il mancato riconoscimento di questo istituto in Italia non permette ai minori abbandonati provenienti dal Nord Africa di essere accolti dalle aspiranti famiglie adottive in Italia. La Convenzione Aia del 1996 aprirebbe invece la strada al riconoscimento delle misure di protezione che non hanno un corrispondente in Italia.

La Commissione Europea non ha ancora ufficializzato alcuna posizione in merito alle iniziative da adottare contro i Paesi ritardatari. Inizialmente le Istituzioni Europee avevano concesso un periodo di tolleranza affinché i Paesi si adoperassero ed avviassero le procedure necessarie. A questo punto pare prevedibile che, nel caso in cui l’Italia non ratificherà entro il 2011, la Commissione Europea avvierà la procedura d’infrazione prevista nell’art. 258 TFEU (trattato di Lisbona) che prevede una fase pre-conteziosa di competenza della Commissione europea e, nel caso non vegano fornite risposte soddisfacenti da parte dello Stato interessato, una successiva fase giurisdizionale per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Questa procedura potrebbe anche comportare la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del diritto comunitario.