Crisi delle adozioni, servirà la nuova commissione?

adozioni-a-distanza-brasile_Pagina_13_Immagine_0001La buona notizia nella gravissima crisi delle adozioni internazionali è che dal 26 luglio scorso al ministero della Giustizia si è insediata una nuova commissione. Un team di esperti che dovrà cominciare ad occuparsi del perchè in Italia, paese fino a qualche anno fa in cima alla classifica come numero di bimbi adottati, le domande abbiano subito un crollo vertiginoso. E perché nello stesso tempo l’Italia, che aveva ottimi rapporti con gli istituti di quasi tutte le aree del mondo, abbia perso via via sempre più autorizzazioni e accrediti. Basta scorrere sul sito della Cai, commissione adozioni internazionali, l’elenco degli enti autorizzati e vedere quanto si è ristretto il numero dei paesi dove questi enti possono operare. Dunque su spinta di molte associazioni, tra cui in particolare l’Ai.Bi., il ministro Cancellieri ha deciso di formare la commissione, presieduta dal giudice Fernanda Contri, dalla vicepresidente della Cai Daniela Bacchetta, da Melita Cavallo, oggi a capo del tribunale dei minori di Roma, ma che nei fatti fondò la commissione per le adozioni internazionali. Accanto a loro Marco Griffini di Ai.Bi., Claudio Tesauro di “Save the Children”. In sei mesi, ossia entro gennaio 2014, questa commissione dovrà spiegarci perché l’Italia si trova in questa crisi, e come uscirne.

Ma il vero dubbio di questa pur lodevole operazione è che tutto si risolva puntando il dito sulla lunghezza dell’iter burocratico, a cui sono sottoposte le coppie che fanno domanda per adottare un bambino. Procedure che vanno di certo snellite, ma non è questo che scoraggia gli aspiranti genitori. No, il punto è che una volta ottenuta l’idoneità, inizia il calvario da un ente all’altro, dove vengono prospettati tempi di attesa infiniti, e ormai, quasi unicamente bimbi “special needs”. Dove questi bisogni speciali spesso si traducono in problemi del tutto curabili nei nostri paesi. Ed è meraviglioso che ci siamo migliaia di coppie che di questi special needs anche gravi decidano di farsi carico. Ma non può essere soltanto così. Forse allora se l’Italia riceve dai paesi da cui tradizionalmente arrivano i bambini soltanto questo tipo di possibilità, c’è qualcosa che non va. E forse sono proprio le relazioni estere che bisogna curare, intrecciare nuovi rapporti e nuovi legami, con paesi d’origine dove spesso le procedure sono difficili e purtroppo i bambini merci di scambio per altri tipi tipi di aiuti, economici, politici.

Dunque il rischio è che questa commissione, mentre altri enti chiedono di entrare a farne parte, si occupi troppo dei tribunali italiani e troppo poco della politica estera. E che dunque tutto resti com’è.

(Fonte: La Repubblica, Maria Novella De Luca)