Culle per la vita. In Italia sono solo 60. Perché non c’è una legge per istituirle in ogni città?

Secondo Rosa Rao le motivazioni sono anche ideologiche. Alla loro introduzione arrivò anche un esposto…

Le “culle per la vita”, moderna reinterpretazione della Ruota degli esposti medievale, sono tornate d’attualità grazie al caso di Luigi, il neonato abbandonato dai genitori a Bari, nei pressi della chiesa di San Giovanni Battista e che è stato trovato dal parroco, don Antonio Ruccia, grazie al cellulare connesso con la speciale culla termica. Il meccanismo è semplicissimo: pigiando un campanello si apre una finestra basculante e appare una culla morbida dove adagiare il bambino. Può sembrare strano ma strutture di questo tipo possono servire a salvare la vita di un bambino la cui madre, magari fragile e nel panico, potrebbe invece compiere gesti disperati, non essendo a conoscenza della legge sul parto in anonimato in ospedale.

Culle per la vita in Italia: in Lombardia sono 10. Ai.Bi. ne gestisce una

Eppure, in Italia, di “culle per la vita” ne sono rimaste pochine: solamente 60 in tutto il Paese. 10 di queste si trovano in Lombardia, fra cui una aperta da Ai.Bi. – Amici dei Bambini, sei in Sicilia, cinque in Piemonte e Veneto, tre nel Lazio e in Puglia e due in Campania. Diverse sono le regioni che non ne hanno neanche una: Basilicata, Molise, Sardegna e Friuli Venezia Giulia.

Ma come mai, se sono così importanti, i numeri sono tanto scarsi? Che si tratti di una questione economica? In realtà no, come spiega al quotidiano La Verità Rosa Rao, per anni responsabile di questo progetto per conto del Movimento per la Vita. “Con 6.000 euro si possono approntare senza problemi”, spiega. “Possono essere strutture semplicissime, l’importante è il collegamento con una videosorveglianza. A Palermo eravamo riusciti a coinvolgere anche il 118. Purtroppo non abbiamo mai ricevuto un contributo pubblico nazionale, nessun finanziamento statale sollecitato tante volte”.

La motivazione è anche ideologica. “Già quando venne realizzata la prima culla per la vita, nel 1992 a Casale Monferrato, ci furono proteste politiche”. E anche un esposto. Il motivo? Lo “sportello” avrebbe violato dei vincoli urbanistici. Fortunatamente fu archiviato e il tribunale sentenziò che la culla era l’”extrema ratio” in condizioni di “assoluta ignoranza” per salvare delle vite umane altrimenti perdute. Sono state 10, in tutto, i bimbi salvati in questo modo da allora. Certo, avrebbero potuto essere di più. E, forse, anche le culle.

Una soluzione percorribile potrebbe essere quella di una legge apposita per renderle obbligatorie in ogni comune. Chissà. Forse qualcuno prenderà nota.