Due pesi e due misure: gratuita la fecondazione eterologa. A pagamento le adozioni internazionali. Subito un regolamento per la prima; niente riforma, dopo ben 15 anni, per la seconda

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E’ ormai chiaro. Conviene bombardare ripetutamente il proprio corpo con attacchi ormonali piuttosto che adottare un bambino straniero. E il tutto con l’avallo dello Stato. Perché da oggi la fecondazione eterologa potrebbe essere a carico di “mamma Italia” e quindi gratuita per le coppie sterili assecondandone, così di fatto, la determinazione ad avere un figlio “proprio” a tutti i costi. Nello stesso tempo nel mondo milioni di bambini abbandonati aspettano solo di essere adottati: peccato, però, che questo rimarrà privilegio per pochi visto che lo Stato non prevede ad oggi la gratuità per le adozioni internazionali. Insomma due pesi, due misure. Bambini di serie A e di serie B. Da una parte il diritto di un minore abbandonato ad avere una famiglia resta lettera morta a meno che non si trovi una famiglia disposta a pagare per far riconoscere questo diritto. Dall’altro, invece, il diritto al figlio ad ogni costo, scelto, selezionato e tutto a carico dello Stato. Da una parte un bambino  con alle spalle già qualche anno di sofferenza e affetto dal “male” dell’abbandono, che continuerà a stare in un angolo in attesa di un “miracolo”, dall’altro un bambino che esiste solo in provetta ma che ha già più diritti di chi, invece, esiste già e tende la mano alla ricerca di amore.  Riflessioni che nascono da un fatto di cronaca: il ministro della Salute Beatrice Lorenzin farà approvare all’ultimo Consiglio dei Ministri (prima dell’estate) il testo sulla fecondazione eterologa. In questi giorni il testo è alla Commissione Affari Sociali della Camera. Ecco cosa prevede, in sintesi, il testo: la fecondazione eterologa sarà a carico del Servizio sanitario nazionale. Sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza motivo per cui verrà destinata una quota del Fondo sanitario nazionale per permettere la procreazione assistita eterologa nei centri pubblici. L’obiettivo è mettere le Regioni ed i centri pubblici nelle condizioni di partire con l’eterologa. In questo modo sia i centri privati quanto quelli pubblici saranno essere messi nelle condizioni di effettuare questo tipo di procreazione assistita. Fecondazione eterologa, dunque, nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) fornisce a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Prevista anche l’istituzione di un registro nazionale dei donatori e un rimborso economico simile a quello che si riceve quando si dona il midollo osseo (la donazione dei gameti deve essere volontaria e gratuita) .  Insomma la vittoria dell’autodeterminazione che ha preso il via lo scorso 10 giugno con la pubblicazione della storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 162), che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, facendo trionfare nell’ordinamento italiano la tutela della famiglia intesa come “luogo” in cui i coniugi hanno diritto ad autodeterminare le proprie scelte senza interferenze di terzi.  E infatti la Corte ha sancito che “la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile”. Si tratta di una libertà fondamentale garantita dalla Costituzione. Ecco perché – ed è questo un passo fondamentale della sentenza –, nel caso della legge 40/2004, è stata giudicata incostituzionale la disparità di trattamento anche di tipo economico fra le coppie cui era ammesso il ricorso alla fecondazione assistita omologa e quelle per cui valeva il divieto di fecondazione assistita eterologa: mentre infatti per le prime in alcune regioni è prevista la gratuità (ed è comunque assicurato un certo flusso di fondi dallo Stato alle Regioni), le coppie con infertilità non superabile hanno sino ad oggi avuto l’impedimento ulteriore di dovere ricorrere all’Estero con costi decisamente elevati, fino alla totale discriminazione per le coppie che, non avendo la possibilità economica di farlo, hanno dovuto abbandonare il progetto di avere un figlio. Questi ragionamenti non possono non condurre ad una seria riflessione sull’intera portata della legge speciale n. 184/1983 che disciplina le misure di protezione dell’infanzia. Infatti, anche l’istituto dell’adozione, essendo uno strumento che consente la formazione della famiglia, deve essere letto e applicato in armonia con la Costituzione e con gli articoli 2, 3 e 31, che tutelano le formazioni sociali come la famiglia e l’uguaglianza fra tutti i cittadini. Come mai dunque la legge 184 prevede due diversi canali per la formazione delle famiglie adottive? Perché in particolare,l’adozione nazionale può essere gratuita mentre quella internazionale è a carico delle famiglie? Non si tratta forse di una disparità di trattamento economico, quella disparità che la Corte Costituzionale vuole contrastare? Disparità, nei fatti, ribadita anche nel testo della mozione 1-00326 (approvata alla Camera lo scorso 15 luglio) dove nei rari accenni all’onerosità delle pratiche adottive internazionali si parla (rimanendo nel vago e nell’indeterminato) genericamente di rimborsi per le procedure di adozione in sospeso (anni 2011, 2012, 2013) e  di “…assumere iniziative per aumentare (e non quindi a totale copertura) la percentuale degli oneri deducibili dal reddito relativa alle spese sostenute dai genitori per l’espletamento dell’adozione”. Insomma mentre si ingrana la quarta verso la fecondazione eterologa, si mette la retromarcia per le adozioni internazionali.