famiglia, la scelta per la vita che premia

Famiglia. Quei figli che avrebbero dovuto essere ‘scartati’. E che invece hanno riempito la vita dei loro genitori

Due testimonianze, due coppie che di fronte a diagnosi infauste e alla probabilità di dare alla luce bambini con gravi malformazioni hanno scelto, nonostante la solitudine provata in quei momenti e il coro di quanti li incitavano ad abortire, di portare a termine la gravidanza

Una scelta che la Provvidenza ha premiato: i bambini che sono nati, infatti, erano perfettamente sani

famiglia, la scelta per la vita che premia Due coppie, due testimonianze per dire che c’è un’altra strada, oltre le minuzie e il perfezionismo sempre crescente delle diagnosi prenatali, per testimoniare la bellezza unica della vita nascente e l’importanza di una nuova creatura che si affaccia al mondo per donare gioia ai suoi genitori: è il racconto che Avvenire fa in risposta alla considerazione del primario dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale di Treviso, Enrico Busato, che anche AiBiNews aveva ripreso: nella sua struttura, infatti, 7 coppie su 10 non accettano di proseguire una gravidanza in caso di possibilità di un figlio con qualche ‘anomalia’.

E invece ecco qui Marina e Giancarlo, che oggi hanno accolto Marta, 4 anni, bimba in affido nata con un abbozzo di cervello (mezzo centimetro in tutto, indica la risonanza magnetica). E 21 anni fa hanno scelto di far vivere Sofia, la loro seconda figlia. “È lei che secondo i medici dovevamo assolutamente abortire – racconta Marina su Avvenire –. Non avevano alcun dubbio: io probabilmente sarei morta durante il parto, ma lei di sicuro sarebbe nata con gravissime malformazioni. Sono momenti di paura, sei solo, incompreso da tutti, ti senti dire che sei un genitore degenere se non accetti di interrompere una gravidanza definita folle, anche i familiari ti danno addosso, gli amici ti giudicano e si allontanano. Se non sei più che forte, alla fine cedi… e oggi Sofia non sarebbe al mondo“. Una figlia che, invece, è nata perfettamente sana. “Sofia per noi c’era già ed era già insindacabile“, tengono a sottolineare.

Una scelta analoga l’hanno fatta Sabrina e Silvio, quest’ultimo malato di sclerosi multipla diagnosticata a 12 anni. Si sono conosciuti da ragazzi nell’Operazione Mato Grosso, il movimento di volontariato missionario che aiuta i poveri dell’America Latina, e la malattia non ha spaventato il loro progetto d’amore. Se non che, dopo anni di matrimonio, una diagnosi di infertilità ha messo una pietra sopra al sogno di avere dei figli e “l’ipotesi dell’inseminazione artificiale è stata subito scartata, non volevamo forzare la mano al Signore. Abbiamo invece scelto l’adozione e portato avanti tutto il percorso, disposti ad accogliere anche più fratelli – spiega Silvio –. Alla fine ci eravamo accordati con una suora di un lebbrosario in Brasile, dove tanti bambini erano abbandonati, e siamo felicemente arrivati all’ultimo colloquio con gli assistenti sociali, ma lì Sabrina si è sentita male… Non ce ne intendevamo: era solo incinta. Questa volta avevamo davvero forzato la mano del Signore – ride –, che ha detto e va bene, ve lo do questo figlio“. Nel 1997 è nato Giacomo.

Poi la coppia che la medicina considerava sterile ha concepito altri due figli (abortiti spontaneamente) e in seguito Samanta, nata poco prima che la sclerosi si aggravasse e Silvio dovesse anche lasciare la cattedra alla scuola professionale. Bombe di chemio e divieto assoluto di concepire…”Noi ci sentivamo già graziati dal Signore, non pretendevamo altri figli, ma nemmeno concepivamo la vita come programmabile“, continua Sabrina. Giovanni è arrivato così. Il panico si è diffuso tra i medici, il primario ha calcato forte la mano per convincerli che quel bambino sarebbe nato con gravi malformazioni: “Ho chiesto con quale handicap ma non mi sapeva rispondere, che percentuale di rischio c’era, e nemmeno questo si poteva dire. Alla fine di fronte alla mia testardaggine ha sperato in mia moglie, ‘lei in casa ha già un handicappato, ne vuole due?’, le ha detto. Era un bravo medico, cercava solo come convincerci. Alla fine ha calcato la mano, ‘volete davvero rischiare di mettere al mondo un mostro?‘. Eravamo sconvolti, ma più lui si infervorava e più nella mente mi risuonava il salmo che dice di confidare nel Signore, non nell’uomo. La Provvidenza da una parte ti lascia tentare, dall’altra ti dà sempre gli strumenti per rispondere“. Giovanni oggi ha 11 anni e “il nostro mostriciattolo è un mostro, sì, ma di furbizia“, chiarisce ridendo il papà.

Fonte: Avvenire.it