Ghana. La gioia di “rinascere” nella propria famiglia

Ai.Bi. Amici dei Bambini testimone della riunificazione di otto bambini, creduti abbandonati e ora nuovamente in famiglia

Una delle paure ataviche, presente negli incubi dei bambini di tutto il mondo, è il timore di essere abbandonati, dimenticati, non cercati dalla propria famiglia. Quante volte succede che i bambini cerchino i genitori solo per assicurarsi che ci siano? Quanto volte chiedono di dormire nel letto insieme a loro, solo per avere la certezza di sentirli accanto, anche mentre dormono?

Il lavoro di Ai.Bi. in Ghana per riunire bambini e famiglie

Eppure, se per noi è una paura un po’ infantile e irrazionale, perché i genitori, se tutto va come deve andare, ci sono sempre, in migliaia di luoghi e di situazioni nel mondo non è così. I bambini abbandonati, non per nulla, sono milioni.
Il fatto è che, tante volte, la parola “abbandono” è fuorviante. Sono tantissimi, infatti, i minori che si trovano in orfanotrofio perché portati lì da qualche persona gentile che li ha trovati, smarriti, su qualche strada in cui si trovavano non per essere stati abbandonati ma per essersi persi. Magari per aver camminato per ore in cerca di cibo, sotto il sole, e, già indeboliti dalla denutrizione, non aver avuto la forza di ripercorrere i propri passi: troppo ampie le distanze, troppo simili gli incroci e troppo folta la vegetazione perché un bambino possa capire da che parte andare.
Così, se qualcuno si accorge di lui, la strada è segnata: prima le autorità locali e, poi, qualche istituto, come il Royal Seed Home con il quale Ai.Bi. collabora da tempo.

Famiglie da trovare

Ed è qui che inizia un grande lavoro molto spesso sconosciuto: quello di provare a ricostruire la storia dei bambini “abbandonati” e cercare la loro famiglia.
Si tratta di un lavoro difficile, perché spesso i racconti dei bambini sono incerti, poco precisi, ricordati con spavento… Perché i luoghi di cui parlano sono a chilometri di distanza e i punti di riferimento sempre troppo simili a migliaia di altri.
Gli operatori, con pazienza, chiedono ai bambini di raccontare, di disegnare, di ricordare… ogni parola è un possibile indizio per riannodare una storia spezzatasi all’improvviso, nella consapevolezza che, tante volte, dall’altra parte c’è una famiglia che sta cerando quel bambino. C’è una madre che non si capacita di che fine abbia fatto. Ma, anche lei, non sa da che parte voltarsi.
Passo dopo passo, con pazienza, tante volte i fili delle storie si riannodano. Gli operatori risalgono ai villaggi d’origine e vi si recano sperando di trovare, finalmente, le famiglie di questi bambini.

Verso un nuova vita. Insieme

Poi, una volta trovate, si valuta ogni singolo caso per capire bene i motivi di quanto successo; si considera la situazione e si decide se ci siano le condizioni per un reinserimento del bambino all’interno della famiglia. Quasi sempre, il reinserimento è accompagnato da un aiuto concreto, tanto economico quanto formativo. L’obiettivo è uno solo: scongiurare il pericolo che si verifichi un secondo abbandono.
Ma il lavoro non termina nemmeno una volta realizzato il ricongiungimento, perché il personale di Ai.Bi. e degli istituti continua a monitorare la situazione nei mesi successivi, così da essere certi che tutto proceda per il meglio. E che ogni bambino abbandonato abbia ritrovato il suo posto nel mondo.

Adotta a distanza un bambino ancora in attesa

Adottare a Distanza è un gesto meraviglioso di vicinanza e sostegno verso un bambino in grave difficoltà familiare.
Con meno di un euro al giorno puoi garantire ai 58 bambini del Royal Seed Home e a quanti altri riusciremo ad accogliere grazie al tuo aiuto, pasti regolari, medicine, la possibilità di andare a scuola e una vita un po’ più simile a quella di “tutti gli altri” bambini del mondo. Potrai ricevere periodiche notizie e informazioni su di loro e sui loro progressi.
Pensaci. Il tuo aiuto è davvero prezioso.

E ricorda: come ogni donazione, anche le Adozioni a Distanza di Ai.Bi. godono delle seguenti agevolazioni fiscali.
Anche questo progetto fa parte della campagna Emergenza Abbandono in Africa.