Gli incontri con gli psicologi ? Una immane perdita di tempo: basta sorridere e dire sempre di si!

Chiara scrive:

A noi, nel nostro percorso, non sono stati di nessun aiuto né i servizi pubblici né gli Enti. Nei servizi pubblici abbiamo trovato disponibilità per l’appunto da servizio pubblico e una serie di domande banali, volte solo alla valutazione e non certo alla comprensione o all’ascolto (e poi come sarebbe possibile conoscersi e capirsi in 4 incontri??). Con gli Enti abbiamo frequentato corsi obbligatori ma noiosi, generalisti e privi di appigli con la realtà, nonché colloqui che, proprio per la loro brevità, non hanno mai dato modo di conoscersi davvero. Del resto, nel pubblico come nel privato, nessuno degli psicologi o degli assistenti sociali aveva mai varcato i confini italiani e mai visitato un bambino in un orfanatrofio estero; oltretutto, l’esperienza pubblica con i bambini adottati è veramente misera. In un Comune grande come il nostro i servizi sociali hanno ben altre emergenze da seguire e i genitori, nel caso ne avessero bisogno, possono rivolgersi a “specialisti” a pagamento, considerate le lunghe liste d’attesa del servizio pubblico sanitario.

Personalmente ritengo gli incontri con gli psicologi e gli assistenti sociali  sono un’immane perdita di tempo, utile solo ad ottemperare alla legge, tanto che nel tempo ho sviluppato una sana attitudine ad annuire, sorridere, filosofeggiare e rispondere quello che vogliono sentirsi rispondere.

Ne è scaturita una bellissima relazione, che ci ha permesso di adottare e di vivere felici senza aiuti psicologici, affrontando i problemi (che ci sono stati!) da soli, senza il conforto di frasi scontate come quella sui bambini che arrivano “con gli zaini pieni di sassi” (questa andava molto di moda!). Che poi sia necessaria una “scrematura” alla base dei decreti, per dare una parvenza di giudizio sulla, chiamiamola così, “capacità di discernimento degli aspiranti genitori”, questo è un altro discorso, che però ha a che fare solo con il rispetto della legge. Quanto agli Enti, anche loro hanno delle norme da rispettare e, oltretutto, del tempo da riempire nella vita dei genitori in attesa.

Grazie

 

Lisa TrasforiniGentilissima Chiara,

la sua lettera riporta uno spaccato di realtà, laddove gli operatori non sono motivati, non sentono e non vivono l’adozione, questi incontri rischiano davvero di diventare adempimenti, raccolte di informazioni svuotate di ogni possibilità di crescita, di trasformazione e le metafore che dovrebbero arricchire ottengono effetti paradossali, quasi ridicoli che allontanano e rendono astratta e sterile la conversazione anziché evocare emozioni e vicinanza con il bambino “con lo zaino pieno di sassi” che si desidera accogliere. Non si può lavorare efficacemente nell’adozione se non si hanno esperienze di adozione dirette, banalizzando, è come raccontare di aver visitato Parigi senza esserci davvero stati, raccontando di luoghi di cui si è solo letto o visto in Internet…..manca l’esperienza fisica e sensoriale, la sensazione diretta e vissuta, è un raccontare che non ha spessore. Diventare genitori significa vivere visceralmente l’esperienza di relazione con il proprio figlio, un’esperienza fisica ed emozionale fatta di sensi e di emozioni forti, come posso avvicinare le famiglie a questo se non ho prima conosciuto io operatore questa realtà? Si risulta “scolastici” e come tali le coppie che sono in grado di capirlo trattano gli operatori, facendo i bravi e preparati studenti poiché non colgono passione e stimoli e la loro idoneità se la danno da soli.

Grazie per la sua testimonianza

Lisa Trasforini