Helsinki. “Perché non ho un papà?” Le domande dei figli di madri single nati dall’inseminazione artificiale

FECONDAZIONE 400 286Più di un terzo dei bambini nati da madri single, grazie a un trattamento di fecondazione in vitro, ha sentimenti negativi sul fatto di non avere un padre nella propria vita. Lo rivelano i risultati di un’indagine presentata al congresso annuale della European Society for Human Reproduction and Embryology (Eshre) in corso a Helsinki, il più importante appuntamento di settore nel Vecchio continente.

In genere, evidenziano i dati, le madri single che fanno la scelta di avere un figlio da sole, grazie a un donatore di sperma, sono ben istruite e con una buona carriera. La motivazione più comune che le porta a procedere è perché temono che il tempo utile per avere un figlio stia per scadere. Ma se il 39% dei bambini fra i 4 e i 9 anni avuti da 51 donne, coinvolti nel sondaggio dalla Cambridge University, ha espresso sentimenti ‘neutri’ nei confronti del fatto di non avere un padre, un numero significativo risulta meno felice: per il 27% questi sentimenti sono ‘contrastanti’, mentre per l’8% decisamente ‘negativi’.

Lo studio riporta anche testimonianze di mamme single. “Ricordo la prima volta che mi ha fatto la domanda, aveva tre anni ed era seduto sul seggiolino in macchina. Eravamo appena usciti dalla piscina e mi ha chiesto ‘Mamma perché non ho un papà?”. Un’altra madre single di due gemelle di sette anni ha riferito: “Non parliamo del donatore, ma della figura paterna. Chiedono di cercare un papà per loro, ma non parlano mai del padre biologico, non hanno fatto quel collegamento

Sull’argomento della fecondazione in vitro e della Gpa, gestazione per altri,  interviene anche Susanna Tamaro sulle colonne del Corriere della Sera di oggi 05 luglio.

Sempre per l’esercizio di chiamare le cose con il loro nome, gli ovetti – diciamolo allora, per chi zoppica in biologia – sono i nostri figli. Figli che prima iberniamo e poi lanciamo nel mondo come fossimo piante che si affidano alla fecondazione anemofila. Spargiamo semi senza sapere dove andranno a finire. Noi, le madri, non verremo mai a conoscere il loro destino. Può esistere qualcosa di più atroce di questo? La maternità – la condizione fondante del vivente – ridotta a livello delle piante, senza identità individuale. La genealogia ridotta a quella uniformante della specie”.

“Ma forse è proprio qui, contemplando il punto più basso dell’abisso – continua Susanna Tamaro -, che il bio business getta la maschera e fa vedere il suo vero volto, che non è quello di un salvatore bensì quello di un famelico generatore del nulla. Attaccare la maternità, distruggere le sue viscere misericordiose vuol dire attaccare e distruggere i fondamenti del mondo. Per capire questo non occorre essersi rimpinzati di opuscoli Pro Life, basta aver visto almeno una volta una gatta a cui siano stati sottratti i gattini, le povere donne che scendono dai barconi stringendo al petto i loro figli sopravvissuti all’orrore”.

Il bambino Gpa è un bambino tabula rasa, nasce senza alcun passato e vive in un mondo che gli promette un amore incondizionato. “Ma quando, un giorno, si guarderà allo specchio e  conclude Tamaro – capirà che non potrà mai risalire all’origine di una parte del suo volto, l’amore basterà? E basterà quando si renderà conto che sua madre, per un compenso, ha venduto l’ovulo che l’ha generato, cioè la sua vita?”

FONTE: www.focus.it, www.corriere.it