Ho incontrato la madre di mio figlio e ora non posso più dimenticarla

 

pancia-gravidanza“Ho deciso di adottare negli Usa, perché in Italia non ce l’ho fatta”, sono queste le prime parole di una lunga intervista rilasciata al quotidiano Avvenire da una donna di 44 anni di Torino che ha attraversato l’Atlantico per diventare mamma.

La donna racconta che, tra gli ostacoli maggiori che ha trovato in Italia durante il suo percorso adottivo, c’è stata la legge che prevede 3 anni di matrimonio mentre lei era sposata da solo un anno.  In America invece, Paese in cui si è trasferita insieme a suo marito per motivi lavorativi, la legislazione le offriva un’opportunità in più: a seguito della Convenzione dell’Aja, le agenzie autorizzate dal Governo possono proporre alle coppie straniere la possibilità di adottare minori sia da case famiglia sia direttamente da donne incinte in difficoltà. La cosiddetta adozione diretta.

Tra le cose che l’hanno più colpita  e che non dimenticherà mai c’è stato l’incontro con Lili, la madre del loro futuro figlio. “L’abbiamo sostenuta e seguita fino al parto. La procedura per l’adozione è andata secondo gli accordi e quando il piccolo ha compiuto sei mesi eravamo già di ritorno in Italia”, queste le parole della neo mamma.

Alla domanda: Come è cambiata la sua vita?”, la donna risponde : “all’inizio ero euforica, ma col passare dei mesi ho cominciato a essere in difficoltà. Tuttora lo sono. Quando lavo e pettino J. mi viene in mente Lili, sua madre perché si assomigliano come due gocce d’acqua”.

Questa intervista porta alla luce un tema molto caro ad Ai.Bi.: quello della cosiddetta adozione del nascituro o adozione in pancia, pratica già legale negli Stati Uniti d’America.

In Italia, l’adozione in pancia non è ammessa. Ai.Bi. l’ha inserita nel proprio documento di proposta per la riforma della legge sulle adozioni come misura alternativa all’aborto.