Il dolore di una mamma

Aylan SiriaLa giornalista Myrta Merlino invia un appello a tutte le mamme del mondo, nella consapevolezza che non si possa più rimanere inerti davanti alla tragedia di tanti piccoli migranti che ogni giorno muoiono nel Mediterraneo. Lo fa in questo editoriale, che riportiamo integralmente, pubblicato giovedì 10 dicembre sulle pagine dell’“Unità”.

 

Quante volte ancora riusciremo a girare la testa dall’altra parte? Quante volte ancora riusciremo a trovare le parole per commentare la morte insensata di un bambino in mare? E adesso che le parole sono finite e che non sappiamo più dove girarci, cosa faremo? Che dolore inaccettabile quei piccoli corpi ingoiati dal mare nero delle nostre allegre vacanze estive e poi risputati su una spiaggia qualunque in attesa che un gesto pietoso li porti via.

La contabilità funerea avanza senza pietà. Pietà per questi bambini. Pietà per la nostra umanità ferita che diventa troppo spesso indifferenza. La morte di un bambino sembra dirci che il mondo non può continuare, nei loro sorrisi viaggia il nostro futuro.

Sono loro a dare gambe ai sogni e alle speranze. Eppure si va avanti.

Il ricordo di Aylan, il bambino siriano morto solo su una spiaggia con la sua maglietta rossa e i suoi calzoncini blu, è già sbiadito nelle nostre coscienze.  Si era detto che quella foto ci avrebbe cambiati per sempre. Si era detto che Aylan, tre anni, affogato in cerca di salvezza, aveva sferrato un pugno nello stomaco dell’Europa. E invece no.

Due Aylan muoiono ogni giorno. E mentre noi contiamo i morti bambini di questo mondo che non ha più senso, non accade nulla. Non si può più balbettare, non si può più oscillare tra paure ed annunci, bisogna fare qualcosa. Non si può più lasciare scorrere la tragedia a pochi metri da noi, continuando a vivere come se nulla fosse. L’8 dicembre non è stato un giorno nero, il 9 dicembre non è stato un giorno tragico, sono stati giorni come gli altri in cui quella grande bara liquida che è diventata il Mediterraneo ha inghiottito vite, in alcuni promesse di vite.

E poi ci sono le mamme. I 700 bambini annegati nel Mediterraneo da gennaio a oggi sono prim di tutto la mattanza della maternità. Con loro sono morte le madri. Tante volte li hanno ritrovati sul fondo del mare ancora legati in un disperato abbraccio. In quell’abbraccio della mamma che per i nostri figli rappresenta la consolazione di ogni male e per questi loro fratelli più sfortunati non è servito ad avere salva la vita. Quando sono sopravvissute, dopo quelle notti dentro l’acqua, con quel buio addosso che non ti lascia scampo e che ti toglie il bene più prezioso, queste madri sono morte due volte. Burattini di pezza trascinate dalle onde, con il cuore straziato e senza più un perché. Quel viaggio della speranza improvvisamente non ha più senso. Il futuro è finito in fondo al mare con quei piccoli corpi. E noi che siamo mamme come loro non possiamo più fare finta di niente. Non possiamo permettere che la grande mattanza continui. Madri di tutto il mondo unitevi e fatevi sentire.

 

Fatevi sentire – è questo l’appello di Amici dei Bambini – e fate in modo che questi bambini e queste mamme non debbano più lasciare la propria terra andando incontro alla morte. Aylan e molti degli altri piccoli migranti affogati nel Mediterraneo in questo tragico 2015 venivano dalla Siria. Dove si sta combattendo una guerra che sembra non finire mai. Ma dove esiste ancora la speranza di poter condurre una  vita dignitosa, sentendosi a casa nel proprio Paese. È questo il diritto che Ai.Bi. vuole assicurare alle famiglie e ai bambini nel nord della Siria, dove è attivo il progetto Io non voglio andare via, nell’ambito della campagna Bambini in Alto Mare. Con questo intervento di Sostegno a Distanza, Ai.Bi. si impegna quotidianamente ad assicurare il diritto al cibo, alla casa, al gioco, all’educazione e alla salute a tanti bambini siriani. Un intervento che si cerca di rendere ogni giorno più efficiente e per il quale è necessario il sostegno di tutti.