Il dono del governo italiano ai bambini abbandonati: a gennaio la kafala sara’ riconosciuta

Finalmente tutti i bambini abbandonati potranno essere accolti tramite Kafala. E’ questo il grande dono che il governo italiano si appresta a fare ai molti bambini che si trovano ancora in condizioni di abbandono, a causa della mancata ratifica della Convenzione dell’Aja da parte dell’Italia.
A gennaio, secondo quanto dichiarato dal sottosegretario del Ministro degli Affari Esteri Stefania Craxi, in risposta ad un Question time dell’Onorevole Leoluca Orlando (Italia dei Valori), è presumibile che sia possibile condurre a termine positivamente il lavoro finora realizzato, concludere le ultime e residuali verifiche tecniche e portare al Consiglio dei Ministri il disegno di legge di ratifica della Convenzione dell’ Aja che consentirà il recepimento della normativa internazionale nell’ordinamento interno.
 
All’onorevole Leoluca Orlando dell’Italia dei Valori va il nostro ringraziamento per l’impegno profuso a favore dei bambini abbandonati.
 
Riceviamo e pubblichiamo il testo dell’interrogazione a risposta immediata proposto dall’Onorevole Orlando.
 

Per sapere – premesso che:

è scaduto il 5 giugno 2010 il termine fissato dal Consiglio dell’Unione europea per la ratifica del testo della Convenzione dell’Aja del 1996 sulla «competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori» da parte dell’Italia e di altri Paesi europei;
la Convenzione del 1996, sulla responsabilità genitoriale e la protezione dei minori, è considerata un importante strumento per il miglioramento della cooperazione tra Stati in materia di protezione per l’infanzia. La sua applicazione, infatti, a quasi tutti i provvedimenti inerenti i minori quali, ad esempio, l’affidamento internazionale ed altre forme di tutela genitoriale, ad esclusione dell’adozione internazionale, già regolamentata dalla Convenzione del 1993, consentirebbe di dare risposte e prendere provvedimenti sulle migliaia di bambini e adolescenti che si trovano in difficoltà: i cosiddetti minori non accompagnati, quelli che provengono da Paesi colpiti da catastrofi naturali o conflitti, in difficoltà familiare. Si tratta di una convenzione fondamentale perché in grado di consentire una maggiore protezione dei diritti dei minori sottoposti a provvedimenti di «custodia» e di «tutela» che devono essere eseguiti in un Paese diverso da quello in cui sono emessi e di cui il minore è originario;
la Convenzione si applica in tutte le situazioni con elementi di internazionalità e ha i seguenti obiettivi specifici:

a) determinare quale Stato è competente ad adottare le misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore;

b) determinare la competenza delle autorità del Paese in cui il minore si trova fisicamente per l’adozione di tutti provvedimenti d’urgenza;

c) determinare la legge applicabile dalle autorità competenti;

d) determinare, in particolare, quale è la legge applicabile alla responsabilità genitoriale;

e) garantire il riconoscimento e l’esecuzione delle misure di protezione del minore in tutti gli Stati contraenti;

f) stabilire una cooperazione fra gli Stati coinvolti nell’emanazione e nel riconoscimento dei provvedimenti su minori;

la principale novità rispetto alla Convenzione del 1961 consiste nella creazione di un’autorità centrale e nell’istituzione di una procedura di consultazione fra le autorità dei due Paesi di residenza attuale e di residenza futura del minore (articolo 33): ciò garantirà alle decisioni in materia minorile un riconoscimento il più possibile uniforme nei vari Stati con il superamento del limite territoriale dello Stato in cui il provvedimento è stato emesso;
per il notevole ritardo e la mancata firma il nostro Paese è stato sollecitato e richiamato dal Consiglio dell’Unione europea, lunedì 5 luglio 2010, per fare il punto sullo stato di ratifica della Convenzione;
numerose associazioni, tra le quali Ai.Bi., associazione attiva per la difesa dei diritti dell’infanzia, manifestano rammarico e forte preoccupazione per il comportamento dell’Italia rispetto alla mancata ratifica della Convenzione de L’Aja;
la Convenzione permetterebbe all’Italia di sbrogliare una matassa che oggi impedisce a migliaia di minori abbandonati di essere figli. Si applica, infatti, anche ai provvedimenti che riguardano bambini e adolescenti, ostaggi di sistemi giuridici nazionali che non dialogano fra loro;
l’esempio che fa più clamore è quello del riconoscimento della kafala (istituto conforme all’ordinamento italiano laddove disposta con provvedimento giudiziale, ovvero il più alto strumento di protezione dell’infanzia negli stati nordafricani). L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, non prevede il riconoscimento di questo istituto e quindi non permette ai minori abbandonati provenienti dal Nord Africa di essere accolti dalle aspiranti famiglie adottive residenti in Italia, anche se il 6 ottobre 2010 il Ministero degli affari esteri nella persona del Sottosegretario Vincenzo Scotti, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata in Commissione dell’onorevole Aldo Di Biagio avente ad oggetto l’urgenza della ratifica, ha reso noto l’avvenuto superamento della riserva posta dal Ministero dell’interno rispetto all’istituto della kafala;
la situazione dell’infanzia abbandonata in questi Paesi è allarmante, al pari di molte altre realtà in cui le istituzioni italiane stringono accordi con i Governi locali pur di dare la possibilità ai minori abbandonati di essere accolti da una famiglia. Basti pensare che in Marocco sono più di 60mila i minori abbandonati costretti a vivere senza una famiglia. Nel Paese la condizione di abbandono in cui versano questi bambini è totale: la realtà marocchina infatti si distingue per il fatto che i minori non hanno più alcuna relazione con i familiari o i parenti. Gli ospiti dei centri sono infatti neonati abbandonati alla nascita o bambini di strada che non hanno più alcun legame con la famiglia di origine. Tuttavia, questi minori, seppur completamente abbandonati a loro stessi, non hanno la possibilità di essere accolti in Italia, perché il nostro Paese non ha riconosciuto la kafala come sistema di protezione dell’infanzia;
la Convenzione de L’Aja del 1996 è stata voluta e pensata anche per sbloccare queste situazioni di impasse giuridica. Prevede infatti una procedura di «consultazione» fra le autorità del Paese di origine del minore e quelle del Paese di residenza (articolo 33) per garantire la sua accoglienza familiare;
come la Convenzione de L’Aja del 1993 ha contribuito a regolamentare il sistema dell’adozione internazionale garantendo trasparenza e rigore alle politiche per l’accoglienza familiare di 81 Paesi del mondo, così la Convenzione del 1996 permetterebbe di dare una risposta a migliaia di casi di minori abbandonati e «prigionieri» delle logiche burocratiche e giuridiche;
nel trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha inserito per la prima volta i diritti dei minori tra gli obiettivi comuni: nell’articolo 3 si legge che l’«Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»;
negli scorsi mesi anche la Spagna, la Germania, la Polonia, il Lussemburgo e perfino la Romania (che non figura fra i Paesi storici dell’Unione) hanno provveduto alla ratifica della Convenzione, mentre l’Italia è l’unico Paese che ha sinora ignorato il richiamo delle istituzioni europee non avendo fornito alcuna risposta circa i tempi e la volontà stessa di provvedere alla ratifica;
così facendo il nostro Paese rischia una procedura di infrazione in relazione alla decisione del Consiglio dell’Unione europea n. 2008/431/CE, in quanto non solo fa parte del gruppo dei Paesi «ritardatari» nel processo di ratifica, ma è anche l’unico a non rispondere alle sollecitazioni delle istituzioni europee rispetto alla ratifica di una Convenzione definita dallo stesso Consiglio dell’Unione europea di «rilevanza comunitaria»;
l’Italia deve, dunque, ratificare al più presto la Convenzione e approvare altresì le norme necessarie all’attivazione delle procedure in essa previste, inclusa la nomina dell’autorità centrale, competente ai sensi della Convenzione stessa;

risultano inoltre superati gli ostacoli tecnici che erano stati ravvisati in una prima fase rispetto alla ratifica della Convenzione di cui si discute, anche alla luce della risposta del Governo all’interrogazione n. 5-03535 dell’onorevole Di Biagio resa in data 6 ottobre 2010;
se siano stati riavviati i lavori del tavolo interministeriale ed entro quali tempi si preveda di presentare alle Camere il disegno di legge di ratifica della Convenzione citata in premessa anche per evitare che dai competenti organi dell’Unione europea venga comminata una sanzione a carico del nostro Paese per il ritardo della ratifica.