Il punto di vista dei figli adottivi “L’adozione? E’ una forma d’amore indescrivibile: grazie ai genitori che ci hanno accolto”

la notte delle adozioniCosa pensate dell’adozione?

(Suvarna) “Pensiamo sicuramente che sia un qualcosa di bellissimo; io, come mio fratello, credo sia una forma d’amore indescrivibile a cui tutti i bimbi avrebbero diritto. Oggi purtroppo a livello burocratico è diventato ancora più complesso ma vorrei tanto un giorno poter regalare anche io la mia stessa fortuna ad un bambino bisognoso di cure e amore”.

(Vigey) “Sono d’accordo con Suvy, alla fine cosa c’è di più bello che fare del bene a bambini meno fortunati e afflitti dalle piaghe dei paesi più poveri?”.

(Caterina P.) “Io ritengo sia comunque la massima espressione dell’essere genitori: vuole consapevolezza e amore. Un bimbo adottato è il frutto di un progetto di gioia che porta con sé un passato doloroso. E’ forse più desiderato di un bambino concepito, anche se so che può essere un’affermazione molto forte. I genitori adottivi fanno un viaggio verso l’ignoto ma con qualcosa di magico. L’idea di due realtà che si incontrano e un amore incredibile per un piccolo estraneo mi commuovono”.

(Susha) “Anche io penso che l’adozione sia una cosa bellissima, e spero davvero che tempistiche e burocrazia possano cambiare e migliorare. Servono e sono fondamentali, nessuno lo nega, ma le attese e le difficoltà stanno diventano forse troppo troppo pesanti da affrontare”.

(Artur) “Permette ad un ragazzo o un bambino di condurre una vita migliore; consente ad un figlio di poter crescere ed imparare affiancato da una figura paterna e materna, cosa che altrimenti non sarebbe stato possibile”.

(Caterina G.) “L’adozione è una grande opportunità non solo per il bambino ma anche per i futuri genitori. Snellire i costi della burocrazia italiana però sarebbe un passo ulteriore per chi ancora non ha la possibilità di intraprendere questa scelta. Penso inoltre sia opportuno incentivare l’adozione a distanza, accessibile a tanti in maniera diversa, in modo da aiutare tutti quei bambini che per varie motivazioni non sono adottabili, ma che vivono comunque realtà molto difficili”.

Questa in realtà è l’ultima di una serie di domande che il giornalista di Bergamonews pone a dei ragazzi adottati che hanno accettato di parlare della propria storia ma che abbiamo voluto mettere in evidenza perché con le loro parole sintetizzano quello che Amici dei Bambini sostiene da sempre:l’adozione è una cosa meravigliosa, principio su cui Ai.Bi. impianterà la campagna  di informazione e sensibilizzazione #adozioneunacosameravigliosa  che presto attraverserà tutta l’Italia.

 A seguire la prima parte dell’intervista (domani su Aibinews la seconda parte)

Lasciamo che sia la voce di chi vive e ha vissuto in prima persona quello di cui abbiamo parlato finora. Abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi se fossero disposti a raccontarci la loro storia e hanno detto sì: Susha Volpi (del ’94), Suvarna Capelletti (del ’92) e suo fratello Vigey (dell’ ’88) sono nati in India. Caterina Gritti (del ’91) invece viene dalla Bolivia ed è stata adottata insieme a Pietro: sono gemelli. Artur Testa (dell’ ’87) è un ragazzo polacco e Caterina Perego (sempre dell’ ’87) arriva dal Brasile.

A quanti anni siete stati adottati? Vi sentite effettivamente “ragazzi adottati”?
(Susha) “Dai, comincio io! Sono stata adottata che avevo 14 mesi; mi sento fortunatissima e italiana al 100%; tolto il colorino della pelle spesso nemmeno mi ricordo di essere indiana”.
(Vigey) “Io sono stato adottato all’età di 6 mesi: ho tutto e non mi posso lamentare. E’ come se fossi nato qui”.
(Suvarna) “Io invece sono stata adottata più grande, avevo 2 anni e mezzo”.
(Caterina G.) “Anche io e Pietro siamo stati adottati piccolissimi, a 5 mesi. Per quanto mi riguarda non mi sento per niente adottata, anzi, non saprei forse neanche distinguere tra ‘adottato’ o meno”.
(Artur) “Ecco, io ho un’esperienza un po’ diversa invece (interviene con un sorriso, ndr). Come sai sono stato adottato, se così si può dire, all’età di 15 anni: oggi non mi sento affatto così. Forse i primi mesi sono stati più ‘strani’ sì, ma non difficili. Alla fine si è trattato per me di cambiare totalmente vita”.
(Caterina P.) “Io sono stata adottata a 29 giorni dalla mia nascita! So che a Manaus, in Brasile, le suore del convento hanno convinto mia madre biologica a portare avanti la gravidanza, per poi lasciarmi in ospedale”

Artur, iniziamo con lei stavolta. Le va di raccontarci in breve la sua esperienza e dirci come si trova?
“Molto volentieri. In Polonia vivevamo in un paesino dove oltre alla tradizionale vita casa, scuola, lavoro, esiste anche quella dei campi e dell’allevamento. Ho due fratelli e due sorelle e tutti davamo una mano alla mamma e ai nonni. Mio padre biologico probabilmente non aveva capito quale fosse il vero ruolo di un padre; continue discussioni e liti portarono mia madre a divorziare. Intorno al 2000 lascia la macelleria in cui lavorava e diventa badante in Italia. In una cascina della bergamasca conobbe quello che oggi è mio padre, anzi ‘nostro’: quando mia madre e lui decisero di sposarsi noi figli ci siamo trovati davanti a un bivio, ossia rimanere in Polonia con i nonni oppure accettare una nuova vita in Italia. Scegliemmo ovviamente la seconda, e dopo tre estati di fila passate a conoscere i luoghi e soprattutto il nostro nuovo papà ci siamo trasferiti a Bariano nel 2002. Oggi siamo uniti e andiamo d’accordo; siamo una bella famiglia, che dopo anni di sacrifici sta finalmente raccogliendo le sue soddisfazioni”.

Fonte:bergamonews