Irlanda: la neuroscienza per affrontare il buco nero dell’abbandono

La crisi internazionale, il rallentamento delle adozioni, gli interventi del governo irlandese in materia; ma anche burocrazia a non finire, coppie esasperate, soprattutto un post-adozione tutto da affrontare e pieno di incognite. Ne parla questa settimana il quotidiano Irish Independent con un articolo di Sheila Wayman del 12 settembre, che percorre i punti più critici dell’adottare un figlio.

Da quando l’Adoption Act del 2010 ha cambiato la faccia dell’accoglienza nell’Isola, l’arrivo di figli adottivi di piccolissima età (neonati o quasi) è drasticamente diminuito, in controtendenza rispetto a un crescente aumento di età del minore adottato. Anche per questo si sgretola il mito – forse fin troppo roseo – dell’arrivo in famiglia, momento che magicamente si presume metta tutto a posto e renda genitori e figli felici per sempre.

Gli irlandesi si confrontano con la caduta di uno stereotipo, quello che pretende che, uscito dall’orfanotrofio, il minore adottato cresca e si sviluppi come sotto l’effetto di una bacchetta magica. Se l’amore è una vera cura per tutto, spesso però non basta: ecco allora arrivare l’aiuto dell’esperto, con il supporto delle neuroscienze.

Nell’articolo ne parla Alan Burnell, esperto dell’associazione Family Futures. “I bambini adottati provenienti dagli istituti possono manifestare criticità di problem-solving, ritardi motori, lentezza nei processi cognitivi” dichiara Burnell. Questo perché è dimostrato che l’80% delle connessioni del cervello si forma nei primi due anni di vita, che diventano fondamentali per ogni successivo sviluppo.

“Senza questa consapevolezza le relazioni genitoriali partono da false fondamenta” continua Burnell. Cosa fare? “Il cervello e il sistema nervoso non sono materia rigida: sono malleabili. Per andare avanti, devi “tornare indietro”: per crescere, questi bambini hanno bisogno di fare ritorno ai primissimi passi dello sviluppo e delle relazioni con i genitori. Puntare sull’interazione e sul contatto umano, che genera diffusione di oxitocina nell’organismo, un ormone del benessere. E creare confidenza”. In questo modo si può iniziare a debellare un problema di relazione che può ripresentarsi più tardi, nell’adolescenza.