Israele, Gaza, Ucraina, Russia, Siria… Che cosa dire ai bambini di fronte alla guerra? 

La guerra è un fenomeno difficile da comprendere per i bambini e gli adolescenti, che spesso si sentono spaventati e vulnerabili di fronte alle notizie e alle immagini che arrivano dai media. Come possiamo parlare loro della guerra in modo adeguato e sensibile?

Per rispondere a queste domande, il portale “Vita” ha intervistato Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, autore del libro Guerra. Le parole per dirla, scritto insieme a Stefano Vicari, Daniela Lucangeli, Dario Ianes.

Il libro “Guerra. Le parole per dirla”

Il libro è una bussola per genitori ed educatori, che offre spunti e suggerimenti per affrontare il tema della guerra con i bambini e gli adolescenti, tenendo conto delle loro età, delle loro emozioni e delle loro domande.

I bambini e la guerra

Pellai spiega che la guerra è una minaccia che intacca il senso di sicurezza e protezione dei bambini, che non riescono a geolocalizzare o relativizzare gli eventi che vedono e sentono.
Per questo, è importante fornire loro delle integrazioni cognitive, che li aiutino a capire che la guerra non c’è qui e non ci sarà qui, che è in un luogo ben preciso del mondo, che ha una storia e una complessità che noi adulti conosciamo. Dobbiamo anche rassicurarli sul fatto che siamo in un territorio che ha la fortuna di vivere in una condizione di stabilità e che possiamo essere costruttori di pace nel nostro ambiente.

Gli adolescenti e la guerra

Per gli adolescenti, invece, Pellai sottolinea la necessità di coinvolgerli in una riflessione sulla contemporaneità nella vita reale, che spesso è poco coltivata nella loro formazione. Gli adolescenti sono poco sensibili alle questioni politiche e internazionali, sono più immersi in narrazioni fittizie o legate al mercato globale. Per questo, bisogna proporre loro delle letture, dei film, delle testimonianze che li avvicinino alla realtà del mondo e li rendano consapevoli delle sfide che riguardano il mondo globale. Il quesito è: siamo cittadini del mondo o cittadini del mercato globale?