ISS/IRC Ginevra, l’adozione consensuale è assolutamente legale

L’autorevole rivista dell’“International Social Service” e dell’“International Reference Centre for the Rights of Children Deprived of their Family” (ISS/IRC), nel numero di settembre 2010 ha approfondito il delicato tema del supporto alle madri che prestano il consenso per l’adozione del proprio figlio. Secondo questo studio è importante lo sviluppo di politiche che garantiscano che il consenso della madre – e più in generale della famiglia d’origine – sia prestato in modo trasparente nel rispetto della Convenzione de L’Aja del 1993.

Questo approfondimento sul ruolo di chi acconsente all’adozione ha preso spunto da una recente ricerca sulle madri naturali in Ucraina (“mothers of origin in Transcarpatia”) realizzato tra il 2005 e il 2010, nell’ambito di un dottorato di ricerca, sotto la guida dell’Istituto superiore di studi internazionali e sviluppo di Ginevra (IHEID). La ricerca, che parte dall’intervista alle madri per comprendere le ragioni che le hanno condotte all’abbandono, ha messo in luce la necessità di sviluppare le attività tese alla prevenzione dell’abbandono e all’accompagnamento delle madri in difficoltà.

Occorrono servizi di vera e propria consulenza basata su precisi criteri: per esempio, la durata dell’assistenza che viene prestata prima, durante e dopo la decisione finale; l’accompagnamento individuale; il riconoscimento di alcuni diritti sociali essenziali (quali l’accesso all’alloggio, al lavoro, agli asili e scuole pubbliche, etc.). Rispetto alla decisione della madre di acconsentire all’adozione occupano un ruolo centrale la professionalità, l’approccio multidisciplinare e la qualità umana dello staff che si occupa della consulenza.

Il Governo italiano ha manifestato perplessità in merito al dibattito aperto da Ai.Bi. sull’avvio delle procedure adottive negli Stati Uniti, condotte dalle agenzie autorizzate degli USA direttamente con le madri gestanti che, al momento della nascita, prestano il consenso per fare adottare il proprio figlio. L’Italia è un Paese dove la potestà genitoriale è irrinunciabile e dove l’adozione “consensuale” non è permessa: per dichiarare l’adottabilità del minore e la perdita della potestà genitoriale occorre una pronuncia del Giudice e non basta il semplice “consenso” del genitore. Stupisce gli italiani che una madre possa decidere volontariamente di dare il proprio figlio in adozione per timore che questa decisione possa essere indotta o che qualcuno possa trarne profitto.

Non ha alcuna importanza il fatto che la legge italiana non preveda l’adozione basata sul “consenso” della madre: l’adozione consensuale esiste in moltissimi Paesi ed è ammessa dalla Convenzione de L’Aja del 1993. Ciò che impone la Convenzione, semmai, è il controllo, serio, sulla consapevolezza di chi presta il consenso e sul fatto che dall’adozione non derivi un lucro. Il problema, quindi, ruota intorno alla qualità della consulenza prestata alla famiglia d’origine. E che tale consulenza debba essere il più possibile vicina ai bisogni e alla realtà delle madri è chiaramente precisato nelle linee Guida delle Nazioni Unite sulla protezione alternativa dei minori (UN Guidelines on Alternative Care of Children, Section IV, 2009).

E’ giusto preoccuparsi e accertarsi che il consenso sia libero e non condizionato, così da garantire la tutela del minore ed evitare adozioni contrarie alla Convenzione de L’Aja del 1993. Ciò che appare meno comprensibile, tuttavia, è che queste preoccupazioni vengano manifestate solo in alcune occasioni e rispetto ad alcuni Paesi (così nei giorni scorsi rispetto all’adozione dagli USA) e non per altri: l’Italia adotta già regolarmente in Paesi in cui esiste l’adozione consensuale (ad esempio, Vietnam, Cambogia e Nepal).