Troppi bambini in comunità, troppo poche le famiglie affidatarie

affido1Potremmo chiamarla “genitorialità sociale”: è prevista per legge, ma il nostro Paese fa ancora grande fatica a metterla in pratica concretamente. Consiste nel collocare un minore proveniente da una famiglia in condizioni di disagio, allontanato dai suoi genitori biologici con un provvedimento del Tribunale, in un’altra famiglia che possa svolgere, a tutti gli effetti, le funzioni genitoriali, nel frattempo che quella biologica superi il momento difficile. In tre parole: affidamento familiare temporaneo. In numeri: meno di un quarto dei minori fuori famiglia attualmente presenti in Italia ha trovato ricovero presso altre famiglie o singole persone affidatarie. Per dare voce a chi opera ogni giorno per sostenere l’accoglienza e prevenire gli abusi e i maltrattamenti sui più piccoli, recentemente è nato un blog, gestito da Alessandro Borganzone, presidente di una delle tante associazioni che promuovono l’affido familiare.

I dati forniti dal Gruppo CRC – un insieme di enti e associazioni, tra cui Amici dei Bambini, che lavora per monitorare l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza – dicono che in Italia vivrebbero 29.388 bambini e ragazzi posti dai Tribunali italiani temporaneamente fuori dalla propria famiglia di origine. Un dato enorme e sempre più preoccupante poiché in continuo aumento. Ma ciò che risulta maggiormente allarmante è il fatto che solo una ristretta fetta di essi  ha trovato accoglienza in affido presso altre famiglie. I dati riportati nel Rapporto CRC parlano infatti di 14.991 minori accolti in comunità di accoglienza, soprattutto di tipo religioso, 6.986 ragazzi affidati a propri parenti e solo 7.391 collocati presso altre famiglie o single affidatari.

L’urgenza di trovare dei genitori, seppur temporanei, per questi minori è facilmente comprensibile se pensiamo al “bisogno di famiglia”, una famiglia sana ovviamente, che essi avvertono, provenendo da contesti di estremo disagio. Per loro, infatti, la famiglia non è stata quel luogo di pace che ci aspetterebbe, in cui ogni membro si sente accolto, valorizzato e amato. Quasi 30mila bambini, oggi, nel nostro Paese provengono da famiglie “malate” nelle quali, nei casi estremi, si arriva a vere e proprie forme di patologia, di cui, purtroppo, si viene a sapere quando ormai è troppo tardi: ovvero quando le loro vicende “conquistano” le prime pagine dei giornali.

Per questo la legge ha previsto l’allontanamento temporaneo dei minori dalle proprie case e l’affidamento a famiglie disponibili a surrogare le funzioni genitoriali dei padri e delle madri biologiche. Con un doppio scopo: trovare una collocazione “sana” al minore e aiutare la sua famiglia di origine a recuperare la sua normale funzione genitoriale. Dalla teoria alla pratica, però, come dimostra il Rapporto CRC, il passo da compiere è ancora molto lungo.

 

Fonte: il Fatto Quotidiano