Kafala: un’altra causa vinta

Un altro atto di giustizia consentirà ad un minore abbandonato marocchino di essere finalmente riconosciuto come figlio.

A sbloccare una situazione che sembrava aggrovigliata, a causa della Kafala non ancora riconosciuta dall’ordinamento italiano è stato il Tribunale di Massa. Il giudice Paolo Puzone ha imposto al Consolato generale d’Italia a Casablanca di rilasciare, anche in assenza di nulla-osta, il visto per l’ingresso nel territorio nazionale di Ayman Barakat, nato a Sale Trabique (Marocco) il 25 dicembre 2008. Il giudice ha anche condannato il Ministero dell’Interno e quello degli Esteri a pagare le spese legali al padre adottivo.

A difendere con successo le tesi di Mohammed Barak (padre adottivo), nato in Marocco ma residente da 30 anni ad Aulla con la moglie Amina, è stata l’avvocato Clara Cinquanta.

La storia ha avuto inizio quando il signor Barak e sua moglie, che non possono avere figli, hanno saputo che in Marocco una ragazza stava per partorire senza essere sposata. Nei paesi islamici la religione, la consuetudine e molto spesso le leggi, vietano di avere rapporti sessuali prima del matrimonio. In più non è possibile adottare bambini non riconosciuti, tanto meno darli in affido.

L’unica forma di protezione dei minori abbandonati è la Kafala una sorta di diritto islamico. Proprio grazie alla Kafala, la mamma del piccolo Ayman ha potuto affidare alla coppia di Aulla il neonato. Per due anni Amina è rimasta con lui in Marocco mentre il padre faceva la spola tra Aulla e il paese arabo.

Dopo aver finalmente ottenuto il via libera dalle autorità africane per portare il bimbo in Italia, ha chiesto al Consolato italiano a Casablanca il visto per il piccolo. Il visto è stato negato in quanto l’Italia non riconosce la Kafala.

Sulla questione nel 2008 è intervenuta anche la Corte di Cassazione che ha riconosciuto la funzione dell’istituto a protezione del minore. In questo modo la Kafala può dare diritto al ricongiungimento familiare del figlio rimasto in Africa.

Malgrado il pronunciamento, lo Stato Italiano non ha ancora disciplinato questo istituto di diritto islamico. Ora dopo due anni di battaglia e grazie all’avvocato Clara Cinquanta, il Tribunale di Massa ha dato via libera all’arrivo in Toscana di Ayman.

Fonte: La Nazione