Kosovo: su Monte Piceli Italia ricorda vittime volo WFP 1999, 24 morti tra cui 12 italiani.

PRISTINA, 10 NOVEMBRE. Cerimonia sul Monte Piceli per rendere omaggio alle vittime della tragedia del Monte Piceli.  Tra le 12 vittime italiane del volo WFP 1999, c’era anche Laura Scotti, responsabile ufficio stampa e comunicazione di Amici dei Bambini.

Il 12 novembre 1999 un ATR 42 in volo da Roma a Pristina per conto del Programma alimentare dell’Onu (WFP) si schiantò su una montagna nel nord del Kosovo provocando 24 vittime, 12 delle quali italiane.

“La polizia di stato non dimentica mai i caduti, neanche quelli più lontani, e come funzionario di un organismo europeo mi sembra doveroso ricordare anche il personale di altri Paesi che perse la vita nella tragedia aerea di 19 anni fa”, ha detto il responsabile della polizia italiana nella missione europea Eulex Vincenzo Cardinale nella cerimonia sul luogo della tragedia.

Nelle scorse settimane i poliziotti italiani in forza alla Ue avevano provveduto al rifacimento
della lapide commemorativa posta a 1.400 metri sulla sommità della montagna, e sulla quale sono elencati i nomi delle 24 persone scomparse, tutti funzionari Onu e di organizzazioni umanitarie. Oltre ai tre membri dell’equipaggio, si trovavano a bordo altri nove italiani, tra i quali il giovane assistente di Ps sanremese Marco Gavino, e la portavoce del WFP Paola Biocca, oltre a volontari di Caritas Sardinia, della ong bolognese Gruppo Volontariato Civile, Ai.Bi. e Terre des Hommes.

L’Atr-42, partito alle 9:00 da Roma Ciampino, era scomparso dai radar intorno alle 11:15 mentre si avvicinava a Pristina. “L’aereo aveva toccato il picco della montagna con la parte centrale della fusoliera: probabilmente per pochissimo”, racconta Andrea Angeli, per 30 anni portavoce ONU e UE in zone di guerra tra cui il Kosovo, ricordando la confusione di quelle prime ore.  La cabina di pilotaggio era nella vallata di sud, la coda a nord. Di fusoliera, ali, poltrone ed eliche non v’era traccia: polverizzate.

“Solo molte carte, appunti di lavoro delle vittime che volavano sui pratoni. Una banconota da cento marchi si posò sulla mia mano destra”, scrive Angeli nel suo “Professione peacekeeper: Da Sarajevo a Nassyrijah, storie in prima linea”:  “Solo al tramonto lasciammo la montagna, dopo aver caricato su due elicotteri i resti delle vittime. Ad attenderci, a Pristina, una valanga di giornalisti, da poco giunti dall’Italia. Il giorno successivo arrivarono un centinaio di familiari, con un aereo messo a loro disposizione da Palazzo Chigi. Ci vollero altre ventiquattr’ore per far rimpatriare le salme. Per quattro giorni non mi ero fermato un attimo, neanche il tempo per riflettere sulla tragedia. Il dolore vero, lo smarrimento, il senso di vuoto, lo realizzai dopo aver visto rullare il C-130. In macchina dall’aeroporto, da solo, in un grigio pomeriggio autunnale, tornarono alla mente come tanti flash le immagini della tragedia”.

Alla cerimonia sul Monte Piceli hanno presenziato – oltre a personale Onu e Ue, in particolare connazionale dei vari caduti – il vicecapo missione dell’ambasciata italiana a Pristina Matteo Corradini, il cappellano militare italiano don Luca Giuliani, il vicequestore Carlo d’Achille da Tirana, e una rappresentanza interforze del contingente italiano di Kfor, tra i quali vari alpini del reggimento di Vipiteno di stanza a Pec. (@OnuItalia)