L’alternativa? «La morte delle adozioni internazionali nel giro di cinque anni »

bambini100Meno 23% di bambini e meno di 22% di famiglie, dice il Report della Cai.

Il 2012 è stato un anno nero per le adozioni internazionali, con dati che impongono anche una riflessione strategica e di organizzazione per il sistema.

Di certo l’ente di domani non farà solo adozioni ma anche cooperazione e advocacy nei Paesi esteri e ancor di più accompagnamento in Italia, con servizi a tutto tondo sul post adozione ( per cui diventerà fondamentale il supporto economico, mentre oggi questi percorsi le famiglie li pagano di tasca propria).

Questa è la visione del Ciai, in linea con il calo registrato dalla Cai. Paola Crestani, presidente, ricorda come « meno adozioni non vuol dire meno bambini abbandonati: dobbiamo continuare a lavorare con chi resta negli istituti, per anni, e occorre collaborare con quei paesi che non hanno i prerequisiti per ratificare la convenzione dell’Aja e aiutarli ad avvicinarvisi ».

Stefano Bemardi invece è il direttore di Enzo B. Le loro adozioni nel 2012 sono rimaste in pari con l ‘ anno prima . Ammette che « oggi siamo tutti affaticati, ma chi ha investito in ricerca e sviluppo sarà premiato». Ricerca e sviluppo vuol dire « garantire assistenza alle famiglie e presenza all’estero che è una cosa che non si improvvisa, richiede un investimento enorme e su cui la Cai stessa è sempre più restrittiva ».

Tempo tre o quattro anni e secondo lui dai 63 enti autorizzati di oggi si passerà a « 10 / 15 grossi players globali, imprese sociali, autocompensativi al proprio interno, con sempre meno costi variabili, più simili ai servizi sociali che agli enti odierni ».

Accanto a loro troveranno spazio « delle nicchie specializzate ». Nel frattempo ci sarà la «selezione degli enti per morte dei soggetti, casuale, a meno di accompagnarla con grandi incentivi per chi scommette sull’integrazione ».

Parla di “economie di scala “anche Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. che nel suo manifesto per una nuova legge sull’ adozione internazionale chiede costi standard per i servizi degli enti: « Rivedere i costi all’estero è possibile, basta eliminare i mediatori e avvalersi solo di personale dipendente , pagato dall’ente a mese e non a cottimo ». Griffini spiega così anche i dati di Ai.Bi. del 2012, che ha visto un -15%% di adozioni ma +16%% di coppie: « Le coppie si orientano verso enti più grandi e meno cari » .

L alternativa? « La morte delle adozioni internazionali nel giro di cinque anni ».

 

( Da Vita, Sara De Carli, Febbraio 2013)