Maccanti (Naaa): «Gli enti potrebbero gestire lo studio di coppia con maggior competenza della Asl»

maccanti naaa 350Parliamo di riforme della legge sull’adozione internazionale. Dopo le interviste rilasciate in esclusiva per Aibinews da Anna Maria Colella, direttrice dell’Arai (Agenzia regionale adozioni internazionali) e Gianfranco Arnoletti, direttore del Cifa, abbiamo intervistato Maria Teresa Maccanti, presidente del Naaa, uno dei maggiori enti autorizzati, per numero di adozioni seguite ogni anno e per numero di Paesi nei quali l’ente è operativo.     

Dottoressa Maccanti, come valuta l’attuale legislazione sulle adozioni internazionali?

Beh, dopo 30 anni di legge 184 del 1983 e 15 anni di 478 del 1998 è indispensabile una riforma. 

Quali sono a Suo parere i punti carenti?

Nel momento attuale le Asl potrebbero rappresentare un aspetto critico. Le Aziende sanitarie locali sono affette da due problemi: la cronica mancanza di fondi e il turn over. Infatti il ricambio del personale  non dà garanzie che le nuove professioniste abbiano le competenze per valutare le coppie.  In questo senso la riforma della legge potrebbe prevedere un coinvolgimento diretto degli enti durante lo studio di coppia.

Chi garantisce che gli enti possano offrire un servizio di qualità?

La norma attuale impone che i professionisti degli enti possano operare negli enti autorizzati se hanno almeno tre anni di attività in ambito minorile. Mentre nelle  Asl questo non so se questo sia è previsto. Quindi il rischio attuale è che le coppie vengano valutate da professionisti che poco o nulla conoscono l’adozione internazionale. E’ allora che vediamo crescere a dismisura gli incontri necessari per la stesura della valutazione della coppia.

Potrebbe chiarire questo punto?

Gli enti autorizzati fanno solo questo mestiere e quindi saprebbero valutare le coppie in un numero di incontri inferiore, con conseguente riduzioni di attesa e costi. In due mesi le coppie sarebbero idonee o non idonee. Però a quel punto bisognerebbe anticipare la formazione.

Ci faccia capire meglio.

Le linee guida della Cai stabiliscono che la formazione avvenga dopo il conferimento del mandato, una decisione assunta dopo che in passato qualche ente pare che obbligasse gli aspiranti genitori a seguire il corso di formazione per poi non garantire la presa in carico della coppia.

Ma come si garantisce l’obiettività della valutazione psicosociale, nell’ipotesi  di un diretto coinvolgimento degli enti, visto che le coppie sono potenziali ‘clienti’ per gli enti?

“Clienti” è una parola bandita dal mio vocabolario, preferisco utenti o assistiti. L’Ente dovrebbe essere autorizzato “anche” allo studio di coppia, non è detto che tutti gli enti siano d’accordo a fare la valutazione o per mancanza di sufficienti figure professionali (se parliamo di enti che hanno varie sedi sul territorio nazionale per esempio) o per altri motivi. Successivamente la coppia può conferire mandato a qualsiasi ente autorizzato e non obbligatoriamente a quello che ha effettuato lo studio di coppia. L’ente che effettua lo studio non è detto che abbia la possibilità di accompagnare la coppia nel suo percorso adottivo. Lo studio di coppia non viene effettuato “per ottenere mandati” ma per migliorare e semplificare  un iter oggi abbastanza spossante.  Lo studio di coppia effettuato da un ente autorizzato ha sicuramente costi molto contenuti. 

Come valuta l’idea di azzerare l’albo degli enti autorizzati, sostenuta da Gianfranco Arnoletti del Cifa?

Credo che sia un’ottima idea. Solo così in sede di riaccreditamento si potrebbe verificare l’allineamento degli enti alla delibera del 2008, in cui la Cai dà tutta una serie di criteri per il mantenimento dell’autorizzazione. Perché ad essere sincera non credo che tutti gli enti attualmente autorizzati ad operare rispondano agli elevati requisiti richiesti.

A proposito di decreti d’idoneità. Come giudica l’ipotesi lanciata da Anna Maria Colella, direttrice dell’ unico ente autorizzato pubblico, l’Arai, che propone di sostituire i Tribunali per i Minorenni con Commissioni Regionali per le adozioni?

Ritengo che gli attori impegnati nel settore delle adozioni abbiano tutta la competenza per poter andare oltre il Tribunale, che d’altronde fa una rapida verifica del lavoro svolto dai servizi territoriali. Però se si supera la fase dei tribunale, non bisogna perdere di vista le professionalità dei servizi. E’ lì che potrebbero entrare in gioco le competenze degli enti.  Ma per avere questa professionalità, bisogna azzerare sicuramente l’albo per riverificare i criteri degli enti che ci sono. E’ un gatto che si morde la coda.

Quali caratteristiche dovrebbero avere gli enti per essere idonei?

Beh, innanzitutto immagino che un primo aspetto sia quello di garantire un servizio di prossimità alle coppie. Per intenderci, personalmente sono per la regionalizzazione degli enti. Altrimenti come facciamo ad accompagnare le coppie? Serve una presenza fisica dell’ente sul territorio, per questo a fronte dei quattro punti richiesti dalla Cai, la mia associazione ne ha bene dodici sul territorio nazionale.

Quindi, studio di coppia affidato agli enti ed eliminazione dei Tribunali basterebbero a garantire un nuovo slancio alle adozioni internazionali?

Se vogliamo davvero migliorare la legge, non dobbiamo mettere troppa carne al fuoco, anche perché il passaggio da procedura giudiziale ad amministrativa è già un bel passo. Anzi direi proprio che sarebbe una piccola rivoluzione, che accorcerebbe di almeno sette-otto mesi l’iter adottivo.