Mali, cronache di un’adozione da brivido: “Liste non inviate, e-mail senza risposte, disinteresse totale: così la Cai ha rischiato di non farci mai abbracciare nostro figlio”

maliAdozioni bloccate, liste di famiglie che non partivano, e-mail rimaste senza risposta, richieste di chiarimenti cadute nel vuoto. Sembra un film già visto quello che ha visto protagoniste alcune coppie italiane che hanno adottato i loro figli in Mali. Vicende che ancora una volta mettono in luce tutta l’inefficienza della Commissione Adozioni Internazionali, capace di trasformare quello che dovrebbe essere un percorso fatto di attese, sorrisi e abbracci, in un’odissea che tante famiglie non esitano a definire “i peggiori anni della nostra vita”, fatti di rabbia, agonia e paura di non poter mai accogliere il bambino che già si sente come proprio figlio.

Berta Martin Beltran e suo marito Giampiero sono un esempio di tutto questo. Nel 2011 avviano il loro percorso di adozione in Mali. Ma il loro pre-abbinamento non viene confermato dall’Autorità Centrale maliana. Le procedure adottive di Berta e Giampiero e di altre coppie restano bloccate. Siamo a ottobre 2012: il Mali blocca le adozioni. Nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica e tentare di sbloccare la situazione, i due coniugi lanciano un appello sui giornali, propongono una petizione e avviano un progetto di raccolta fondi per i aiutare i bambini che vivono nello stesso orfanotrofio di Bamako in cui si trova anche il loro figlio. Ma sono costretti a fare tutto da soli. La loro situazione si risolve solo nell’agosto 2014 e soltanto per una decisione della Corte Suprema del Mali che accoglie il ricorso presentato da un avvocato che gestiva le pratiche di 4 famiglie francesi, ritrovatesi nella stessa situazione della coppia italiana. Grazie a questo intervento, si sbloccano circa 150 pratiche tra francesi, spagnoli e italiani. Tra queste c’è anche quella di Berta e Giampiero che, a gennaio 2015, possono finalmente accogliere il loro bambino.

In tutta questa vicenda, però, il governo italiano e la Cai non hanno contribuito in alcun modo né allo sblocco delle adozioni in Mali né al sostegno delle coppie in attesa. “Le autorità italiane, cioè la Cai, non ci ha aiutato affatto, racconta Berta al blog Family for Children, che racconta un’inquietante vicenda. “Quando è arrivato il momento dello sblocco – ricorda – l’autorità centrale maliana ha fatto richiesta ai diversi Paesi della lista aggiornata delle famiglie con dossier in corso ancora validi sul Paese. La lista in Mali non arrivava ed eravamo l’unico Paese a non averla inviata, mentre gli altri Paesi avevano provveduto nel giro di una settimana. “Ho sollecitato la Cai e mi è stato risposto che una lista così prima va protocollata – continua Berta –  e che, poiché richiesta al console onorario in Mali”, che ha subito informato l’allora presidente della Cai Silvia Della Monica, “non è una richiesta valida e legittima. Insomma – conclude – l’autorità centrale maliana doveva fare richiesta alla Cai direttamente, altrimenti la lista non sarebbe stata inviata”.

In sostanza, come denuncia questa mamma adottiva, “dopo 2 anni e mezzo di blocco, non solo la Cai non ha mai fatto nulla per tutelare le famiglie, ma quando il Mali ha deciso di completare le pratiche in corso e richiedeva una lista per mandare avanti gli abbinamenti, la Cai non l’ha voluta inviare. A mettersi in contatto con gli enti che seguivano le varie famiglie è stato il referente di uno degli enti stessi, che ha raccolto le informazioni. “E meno male che il Mali ha accettato – commenta Berta –! Altrimenti nostro figlio non sarebbe mai arrivato”. La Cai, infatti, non si sarebbe mai messa in contatto con le autorità di Bamako. “Oltre a vivere il terrore in quei 2 anni e mezzo di blocco nella solitudine più totale – sottolinea ancora Berta -, abbiamo rischiato di non portare a termine lo stesso la nostra adozione, perché la Cai non si è mai interessata. Neppure dopo nostra richiesta, neppure di fronte a nostre mail (per le quali non abbiamo mai ricevuto risposta) e sollecitazioni di fronte a fatti chiari ed evidenti”.

E non è finita qui. Dopo quella sentenza che sembrava aprire la strada a una riapertura delle adozioni, in Mali ci sono stati nuovi cambi di governo e si è arrivati a un ulteriore blocco. Nonostante questo, da settembre 2014 qualche ente ha instradato e proposto abbinamenti in Mali a coppie che ora si trovano a vivere situazioni analoghe a quelle di Berta e suo marito. “Le adozioni erano già chiuse nel momento in cui l’Italia ha presentato i nuovi dossier – dice ancora Berta -. Nessun altro Paese l’ha fatto. Gli altri Paesi avevano bloccato la possibilità di inviare dossier finché l’autorità maliana comunicasse in modo ufficiale la riapertura in tale senso. La Cai non si è mai interessata e di fronte alla completa non conoscenza  della situazione in Mali ha concesso l’invio di nuovi dossier e non solo: di fronte alla perplessità di qualche famiglia che aveva chiamato e chiesto giustamente delucidazioni, ha confermato la riapertura del Mali, accusando anche qualcuno di dire il contrario senza nessuna giustificazione.

 

Fonte: Family for Children