Mario Re: “Quel fagottino strappato all’autocompattore mi ha fatto scoprire un esercito di neonati fantasma”. Ecco com’è nata la prima culla della vita a Palermo

culla vitaIn 30 anni di “primariato” alla guida di uno dei reparti più delicati di un noto ospedale di Palermo, la Rianimazione dell’Azienda ospedaliera “Civico”, è stato spesso a “contatto” con quel limite sottile che separa la vita dalla morte.

Ha spesso sperato e pregato per i suoi pazienti e molte volte ringraziato il Signore per il miracolo al quale assisteva ogni qualvolta un suo paziente riapriva gli occhi uscendo dal coma.

Ma nulla in confronto a quell’emozione, ancora indelebile nella sua mente, di quando ha accolto tra le sue mani quella neonata, gettata poche ore prima in un cassonetto dei rifiuti e strappata a morte certa, per una manciata di minuti. Da lì a poco sarebbe, infatti, passato l’autocompattatore per svuotare il cassonetto e della neonata nessuno si sarebbe accorto.

Mario Re, primario oggi in pensione, “ideatore” della prima culla per la vita di Palermo e del sud Italia, non dimentica quel giorno di quasi 10 anni fa quando “alle 5 del mattino fui svegliato da una telefonata del 118 (Re era anche direttore della centrale operativa ndr) – racconta con la voce ancora rotta dall’emozione del ricordo – Un ragazzo attirato dai ‘miagolii’ provenienti da un cassonetto della spazzatura, l’aveva aperto e trovato al suo interno la piccola neonata avvolta in sacchetto di plastica. Aveva il cordone ombelicale tagliato da poco e annodato su se stesso ed era tutta sporca di sangue”.

Mi sono precipitato in ospedale– ricorda Re – in Rianimazione dove l’aspettavamo per le prime e disperate cure”. “Quando è arrivata, era un fagottino microscopico – continua- respirava a fatica, era fredda e il primo istinto è stato quello di tenerla tra le braccia”.

Un istinto paterno di chi vuole trasmettere calore e “presenza” con il proprio corpo, quel calore che a Maria Regina (così battezzata in onore della Madonna che l’aveva salvata) era stato negato da chi l’aveva gettata nel cassonetto.

Maria Regina è stata miracolata – afferma con certezza Re – perché se solo quel ragazzo fosse passato da quella strada qualche minuto dopo l’autocompattatore, ora non saremmo qui a parlare di lei”.

Ma soprattutto di ciò che ha fatto seguito. Già, perché Maria Regina, ennesimo caso di abbandono di neonato a Palermo, ha convinto l’ex primario del Civico, “che bisognava fare assolutamente qualcosa di concreto per questi bambini ‘non voluti’. Perché se Maria Regina si era miracolosamente salvata, quanti, invece, non ce la fanno e di questi non sappiamo nulla? E’ un esercito di neonati fantasma”. Da qui la decisione di fondare la culla per la vita. La prima “moderna” a Palermo e nel sud Italia.

Mi sono messo subito al lavoro – ricorda Re – informato, fatto ricerche, e in un solo anno realizzato la culla termica, in via Noce, laddove è ancora funzionante (tra chiusure e re-inaugurazioni) e in collegamento con l’ospedale”.

Ma accanto alla soddisfazione di avere realizzato qualcosa di importante a difesa dei più deboli, i bambini abbandonati, il professore Re ha l’amarezza di chi sa che la strada è tutta in salita.

“Ancora oggi non è chiaro a tutti l’importanza della culla per la vita – precisa – quanto questa possa salvare un neonato preservando l’identità della madre, garantita nel suo anonimato. Le istituzioni e la politica non sembrano investirci e crederci più di tanto: lo dimostra il fatto che a tutt’oggi manca un registro regionale e nazionale che dia un’esatta cognizione delle culle termiche in Italia. Non c’è una mappatura che possa aiutare le mamme in difficoltà, aiutandole a individuare la culla più vicina”.

E ancora peggio – precisa l’ex primario – c’è un vuoto normativo da colmare. Per quanto, infatti, il codice penale dica che la madre, lasciando il neonato nella culla per la vita, non commette reato, manca una legge che normi questo delicato aspetto, mettendo nero su bianco la non perseguibilità di chi lascia il bambino al pari del parto in anonimato in ospedale

Due gap, l’assenza di un registro nazionale e di una legge ad hoc, che non solo non aiutano la diffusione capillare della culla per la vita ma inevitabilmente favoriscono il ricorso all’aborto, visto dalle giovani mamme, in preda alla disperazione, come l’unica “soluzione” per quel bambino  non desiderato.

“E tutto questo è assolutamente inaccettabile – rincara Re – Bisogna assolutamente intervenire con vere e proprie mobilitazioni sociali e culturali

Ritornando a Maria Regina: dimessa dall’ ospedale, la piccola è stata adottata. “Un secondo miracolo – conclude l’ex primario – : sapere che è amata è la più bella ricompensa”.  A cui tutti i bambini avrebbero diritto.

Intanto sempre dal Sud Italia, arriva una buona notizia: è stata inaugurata in Puglia, a Bari, una culla termica collegata con l’ospedale Policlinico della città. E’ la prima della regione. La Puglia, secondo i dati Istat è terza in Italia per tasso di abortività tra le minorenni e la prima al sud.