Norvegesi adottano bambini spagnoli

“Apadrine un niño espanol”. Adotta un bambino spagnolo. Proprio come accade coi bimbi dell’Africa, del Biafra, con gli algerini saharawi e perfino coi piccoli rom albanesi. Ma nessuno, nemmeno nei tempi di miseria più nera del dopoguerra franchista, avrebbe immaginato una campagna del genere per i figli della Spagna.

«Non l’avrei mai concepito solo un anno fa, ma è così. E’ questa la nostra situazione, purtroppo», racconta Azucena Paredes, 30 anni, madrilena, madre di Desiree, di 4 anni, e di due fratellini più piccoli. Sfrattati dopo 20 anni da un alloggio di edilizia popolare e senza lavoro, da novembre sopravvivono grazie agli aiuti da 400 euro al mese, che invia loro una famiglia di Oslo.

Il 24 giugno scorso, il titolo-choc sul giornale norvegese VG: “La spagnola, Desiree, 4 anni, è adottata a distanza dalla norvegese Sunniva, 10 anni”. Il primo caso, ma non l’unico. Decine di norvegesi stanno contribuendo a sostenere economicamente famiglie spagnole strangolate dalla Grande Crisi, secondo quanto riferiva ieri il quotidiano El Mundo . Nella ricche democrazie del nord Europa, la tragedia dei nuovi poveri del sud viaggia sui canali tv.

Un reportage televisivo emesso dalla tv pubblica norvegese NRK nel novembre scorso, con la presa in diretta dello sgombero da parte della polizia di Azucena, Desiree e i fratellini dalla loro casa, dalla loro cameretta coi giocattoli, toccò le corde della piccola Sunniva, a migliaia di chilometri di distanza, nella sua idillica casa del quartiere residenziale di Norberg. «Ti prego, aiutamoli», supplico Sunniva alla nonna, Lise, che si incaricò di fare da tramite. Da allora Sunniva, figlia di un medico e un’infermiera, invia 400 euro al mese, l’equivalente della sua paghetta, più la vendita di biscotti fatti in casa, più il contributo di nonna Lise. «Sono diventati i nostri angeli», racconta Azucena.

A giugno Snniva e Desiree si sono conosciute a Madrid, nella casa che la famiglia sgomberata ha occupato. La situazione è anche più terribile per la famiglia del piccolo Ulisse, andaluso, che aspetta dalla Norvegia la telefonata di una coppia, che si è impegnata ad aiutarli. Ulisse vive con la nonna Sonia, di 45 anni, che lavora come spazzina nel comune de La Linea, a Gibilterra, e da 10 mesi non riceve lo stipendio. Come il resto degli 850 dipendenti pubblici. Si accumulano le fatture e i debiti e intanto, per andare avanti, Sonia vende sigarette di contrabbando e vive della carità dei vicini.

Per i norvegesi, la Spagna è un po’ una seconda patria: molti vi si trasferiscono dopo la pensione e in 100 mila hanno una seconda casa nella penisola iberica. In questi tempi di drammatica recessione, si moltiplicano le donazioni e gli “apadrinamientos”, le adozioni a distanza.

Ma l’iniziativa norvegese non è l’unica. In un Paese con 5,7 milioni di disoccupati e 1.737.600 famiglie con tutti i componenti senza lavoro, e dove la povertà ha il volto dei bambini – oltre 2,2 vivono al di sotto della soglia di miseria nel 2012, quasi 205.000 minori in più rispetto al 2010, l’allarme lanciato dall’ultimo rapporto dell’Unicef – anche la Asociacion de Beneficiencia Nuestra Señora de los Desamparados di Valencia ha lanciato una campagna perchè gli spagnoli adottino spagnoli in difficoltà. Una ventina di persone, per lo più madri sole con figli a carico, ricevono 300 euro mensili, grazie a questa iniziativa.

E la lista d’attesa è interminabile. Stergio Sifnious, responsabile di Aldea Infantiles SoS in Grecia, ricorda che nel Paese ellenico, per molte famiglie, l’unica scelta è l’abbandono dei figli perchè se ne facciano carico istituzioni sociali. La crisi ha provocato l’aumento di circa il 300% di abbandono infantile, nel paese dove il 27% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

(Ilsecoloxix, 6 Agosto 2012)