Psicologia dell’Adozione. Quando possiamo parlare con nostra figlia della sua adozione?

È importante far capire ai bambini, anche quando molto piccoli, che dell’adozione e del passato si può parlare, sempre, mandando piccoli segnali di apertura nella vita quotidiana e portando loro l’esempio

La narrazione di sé e della propria storia è un processo fondamentale nella costruzione della nostra identità, in quanto consente di dare significato a ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo e contribuisce a creare una visione di sé stessi e del mondo che ci sta intorno.
L’identità si costruisce nella comunicazione con gli altri, in una dimensione non solo individuale, ma anche sociale, relazionale e culturale. La narrazione di sé è uno strumento potente, che aiuta i bambini adottati a costruire dentro di sé continuità rispetto alla loro esistenza. Consente di costruire un ponte tra il passato, il presente ed il futuro del bambino per integrare le proprie radici nella loro vita e dimensione attuale e dare senso a quanto accaduto, anche alle esperienze più dolorose che possono aver vissuto. La narrazione, infatti, è uno strumento utilizzato anche in contesti terapeutici per poter affrontare ed elaborare le esperienze traumatiche vissute.
 

Quando possiamo parlare con nostro figlio dell’adozione?

Come possiamo affrontare con lui la sua storia? Come possiamo parlare con lui di esperienze così dolorose come quelle che ha vissuto con la famiglia di origine o in istituto? Come possiamo far sorgere le domande? Queste sono solo alcune delle questioni che i genitori adottivi si pongono …
Domande importanti a cui in primis possiamo rispondere “il prima possibile”, creando giorno dopo giorno il terreno perchè questo scambio avvenga. È importante far capire ai bambini, anche quando molto piccoli, che dell’adozione e del passato si può parlare, sempre, mandando piccoli segnali di apertura nella vita quotidiana e portando loro l’esempio.
L’obiettivo è creare un clima di fiducia reciproca per consentire a bambini e ragazzi di non sentirsi soli di fronte agli interrogativi importanti che possono emergere dentro di loro, e di poter condividere con i genitori il bisogno di cercare risposte. Il desiderio di conoscere il proprio passato è infatti un bisogno fisiologico, per tutti e soprattutto per i bimbi e i ragazzi adottati. Il bisogno di approfondire la propria storia non significa che il figlio non sta bene con la famiglia adottiva o non voglia bene ai suoi genitori. È un percorso necessario per costruire la propria identità.

Quando si manifesta la necessità di conoscere la propria storia?

Può non manifestarsi sempre ma solo in alcuni momenti del suo percorso di crescita, spesso in adolescenza. I genitori adottivi sono i custodi della storia del proprio figlio, e possono utilizzare diversi strumenti per condividerla e approfondirla, diversi per ogni età del bambino. Nei vari momenti di crescita il racconto si adatterà ai bisogni e alle competenze cognitive del bambino o del ragazzo che cresce. Gli studi evidenziano l’importanza del Life book, una sorta di diario della propria storia, personalizzabile per ogni singolo bimbo, e che possiamo costruire nel tempo, arricchendolo continuamente. Questo libro diventa testimonianza di sé e in adolescenza può essere uno strumento per approfondire il percorso di ricerca di se stessi.

Cos’è il life book?

Il life book si presenta come un libro ma è un manufatto, il prodotto di un lavoro di costruzione congiunta e ri-narrazione della storia di vita del figlio adottivo, corredato di illustrazioni, documenti, fotografie disegni o lavori creativi che possano rendere più comprensibile e coerente il racconto del percorso che da un “prima” dell’adozione l’ha portato a costruire una nuova appartenenza all’interno della famiglia adottiva, fino ad oggi e oltre. Il linguaggio utilizzato si può adattare al livello di sviluppo del bambino e il LB rappresenta uno strumento prezioso per rispondere ai tanti “perchè” che ogni minore adottato si porta dentro rispetto a sé ed alla propria storia, colmandone in modo realistico le lacune.

Marina Piccolo – Docente universitario di psicologia dello sviluppo e dell’educazione e consulente di Ai.Bi.

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