Psicologia della Adozione: “L’adozione funziona se ci si scorda di averla fatta, perché un figlio è un figlio e basta!”

Una testimonianza che racconta di come aprire il cuore all’adozione sia sempre possibile. Affrontando le domande che vengono poste e accogliendo la storia che ciascuno porta con sé

Ascoltare Anna e Dario che raccontano la storia della loro adozione è come respirare aria buona, ricca di ossigeno, quella di cui vorresti sempre riempirti i polmoni. Hanno adottato un bambino “grande” e testimoniano sempre e con molta emozione ed energia che è prima di tutto un percorso possibile.

È sempre possibile aprire il cuore all’adozione

È possibile aprire il cuore e compiere un viaggio per andare a incontrare il proprio figlio, è possibile resistere a tutti coloro che hanno sempre buoni consigli da offrire e suggerimenti da aggiungere, è possibile affrontare le domande che tuo figlio ti pone sul suo passato e guardare con lui “dentro quello zaino che si porta sulle spalle”, pieno di lacrime, ferite e incognite.

È possibile! Come?
Prima di tutto con l’amore, che è fondamentale, anche se da solo non basta.
Ci vogliono sia la preparazione lungo tutto il percorso sia la capacità di chiedere aiuto una volta tornati a casa; sono indispensabili sia la semplicità dei piccoli gesti quotidiani sia la capacità di saper cogliere il momento giusto per fermarsi e sospendere ciò che si sta facendo, consapevoli che la priorità è un’altra.
Arrivano momenti in cui l’attenzione va concentrata su un ricordo, su una domanda, su una condivisione di vita che si palesa quando ci si trova insieme in tranquillità e in intimità. Esattamente questi momenti sono fondamentali per consentire alle parole di liberarsi e uscire.

Accogliere la storia che ciascuno porta con sé

La rabbia è spesso l’emozione che accompagna certe domande che i figli fanno, ci racconta Anna, come quella sera in cui, rivolgendosi a lei dice: “Io odio la mia mamma biologica!”. E lei ha risposto: “Io invece le sono davvero grata, sai? Se non avesse deciso di farti nascere oggi non saremmo qui insieme, non ti potrei abbracciare”.
Questo racconto ci mostra come sia fondamentale accogliere le espressioni usate e i gesti compiuti alla luce e a partire dalla storia che quel figlio ha vissuto, ma anche di quanto siano importanti le parole che si scelgono e che possono far sentire la sua storia degna e importante, perché passando attraverso di essa si è arrivati dove si è ora e non va dimenticata.

Lungo questa storia ogni bambino si è costruito un suo mondo di conoscenze e di idee sulla via, facendo affidamento su ciò che ha vissuto o ascoltato dagli amici o immaginato fosse giusto; spesso queste costruzioni vanno rimodulate in relazione al nuovo contesto, vanno modificate per essere realmente efficaci o addirittura smontate e ricostruite. In particolare, Dario racconta la prima doccia: prima i tentativi di fuggire, di posticipare, poi un veloce passaggio sotto un getto di acqua fredda senza sapone e con i vestiti addosso; arriva così la comprensione che mentre per noi è scontato sapere come si fa una doccia, per qualcuno non è così.

Cosa serve allora? La tranquillità di insegnare, con l’esempio e la pazienza, di ripetere per dare modo di consolidare una nuova acquisizione, di vivere ogni situazione nella serenità del quotidiano e nell’accoglienza di una vita che cresce e che va custodita. Perché infondo “l’adozione funziona se ti scordi di averla fatta, perché un figlio è un figlio e basta”. Al genitore il compito di porsi accanto come argine entro il quale sperimentare, sbagliare e correggersi, cadere e rialzarsi più forti di prima.

Quello che resta è la certezza che l’adozione diventa un evento della storia di famiglia, che si somma e si aggiunge a tanti altri eventi della stessa storia, inserita in una dimensione più grande, più quotidiana, più umana.

Cristina Micheletti, psicologa di Ai.Bi. sede di Macerata

 

Il metodo Faris di consulenza per le famiglie

E quando il percorso appare troppo difficile per le sole proprie forze, è bene ricordarsi che non si è mai soli. Condividere i problemi e le preoccupazioni è fondamentale, così come sapere di poter contare su un supporto competente e prezioso. Come lo è il servizio di consulenza di Faris, pensato sulla base di anni di esperienza in tema di adozione. Si tratta di un servizio basato su un vero e proprio “metodo” basato su un primo incontro conoscitivo, gratuito, in cui ascoltare e individuare insieme i nodi da affrontare così da indirizzare, se è il caso, verso un percorso più articolato, personalizzato, da seguire insieme a dei professionisti.

Tutte le informazioni sul metodo di consulenza Faris, si possono trovare a questa pagina o scrivendo a faris@fondazioneaibi.it