Riforma Adozioni Internazionali: l’idoneità non può che essere giudiziaria (Gosso) ma il resto dell’Europa fa ben altro (Griffini)

Proseguiamo con il dibattito fra Pier Giorgio Gosso, ex presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, e Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., sul Manifesto “Oltre la Crisi”, lanciato dall’Associazione per proporre una riforma delle legge sulle adozioni internazionali e duramente criticato dal Dott. Gosso in un documento del 9 agosto 2012 inviato tramite l’Associazione ANFAA. Ecco il dibattito sulla questione della idoneità degli adottanti che attualmente viene dichiarata in Italia dai Tribunali per i minorenni e che, secondo la proposta di Ai.Bi., dovrebbe essere dichiarata dai servizi sociali.

Piergiorgio Gosso: “Com’è noto, la Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale firmata all’Aja il 29 maggio 1993 – cui l’Italia ha aderito fin dal 1998 – dispone all’articolo 5 che tale adozione può aver luogo soltanto se le autorità competenti dello Stato di accoglienza hanno constatato che i futuri genitori adottivi sono qualificati e idonei per la stessa, e specifica all’articolo 15 che l’Autorità Centrale dello Stato di accoglienza deve incardinare la pratica trasmettendo all’Autorità dello Stato di origine dell’adottando una relazione che, oltre a certificare la qualificazione e l’idoneità dei richiedenti, ne descriva la situazione personale, familiare e sanitaria, l’ambiente sociale, le motivazioni che li determinano e la loro attitudine a farsi carico di un’adozione internazionale, nonché le caratteristiche dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere: principi, questi, cui la legge di ratifica e di esecuzione della Convenzione si è adeguata, inserendo ex novo nella Legge n. 184 del 1983 un intero titolo dedicato all’adozione di minori stranieri, confermando l’assegnazione al Tribunale per i minorenni della competenza a decidere sull’idoneità degli aspiranti genitori adottivi (articolo 30, il cui testo è peraltro minuziosamente dettagliato, a differenza della sua versione originaria).”

Marco Griffini: “In realtà “Autorità centrale” ai sensi della Convenzione non significa “Tribunali per i minorenni”. Autorità centrale italiana competente nella materia, come noto, è la Commissione Adozioni Internazionali ed è questa – e non il tribunale – che deve “trasmettere” all’Autorità dello Stato di origine dell’adottando una relazione da cui emerga l’idoneità dei richiedenti. Dunque la strada che la nostra legge nazionale ha scelto per la dichiarazione di questa idoneità non è affatto obbligatoria e anzi rappresenta una scelta minoritaria per i Paesi europei ratificanti: in quasi tutti i Paesi europei questa idoneità viene pronunciata in esito ad un procedimento di natura amministrativa. Le relazioni e verifiche su cui poi il tribunale decide sono svolte già oggi interamente dai servizi sociali”.

Piergiorgio Gosso: “Non solo infondata, ma addirittura contraria al vero è poi l’affermazione ivi contenuta (i.e. nel Manifesto di Ai.Bi.), secondo la quale l’Italia sarebbe l’unico Paese europeo ad affidare alla magistratura la competenza a valutare gli aspiranti all’adozione internazionale, poiché una simile competenza trova attuazione sotto varie forme anche in Belgio, in Grecia, in Lussemburgo, nei Paesi Bassi e in Portogallo”.

Marco Griffini: “Premesso che Ai.Bi. non ha mai detto che l’Italia è l’unico Paese in cui l’idoneità è dichiarata dall’autorità giudiziaria, è certo che nella maggioranza dei Paesi Europei, e soprattutto quelli più significativi sia per dimensione che per numero di adozioni internazionali concluse annualmente, l’idoneità all’adozione internazionale è dichiarata da autorità amministrative e non da giudici. Si deve contestare quanto riferito dal Dott. Gosso sui Paesi che dichiarano l’idoneità con provvedimento giurisdizionale: secondo il profilo degli Stati aderenti alla Convenzione de l’Aja del 1993, pubblicato sul sito internet della Conferenza di Diritto Internazionale Privato dell’Aja (www.hcch.net), solo in Italia, Belgio e Lussemburgo le coppie che desiderano adottare devono rivolgersi ai tribunali, mentre negli altri Paesi sono autorità amministrative che si occupano dell’idoneità (nei Paesi Bassi il “Child Care and protection Board”, che è parte del Ministero della Giustizia ma che non è propriamente un tribunale bensì un servizio di cui i tribunali si servono in alcuni casi stabiliti dalla legge; in Portogallo il servizio di adozione del luogo in cui risiedono gli istanti; in Grecia i servizi sociali regionali). In ogni caso, i Paesi indicati dal Dott. Gosso non sono neppure citati nel rapporto annuale che la Commissione per le Adozioni Internazionali pubblica ogni anno anche con i dati delle adozioni realizzate dagli altri Paesi, trattandosi di dati non significativi in quanto a numero di adozioni realizzate.”