Se la paura di essere amata è più forte della voglia di amare: anche questa è la realtà di un’adozione

Non siamo in un’aula di filosofia, dove si dibattono tesi contrastanti e complicate, al limite dell’intelligibilità, ma in una delle tante famiglie che hanno accolto un bambino abbandonato. Pamela, la chiameremo così, scricciolo colombiano di 9 anni; i suoi occhi in cerca di qualche sicurezza, ora che si trova fuori dalle mura di quell’istituto per troppi anni sua dimora forzata.

C’è una mamma finalmente che parla di lei, come mai nessuno ha fatto fino ad ora; adesso Pamela è una vera figlia ma la paura del passato a volte ritorna e si fa più viva che mai. Quando questo succede occorre avere molta, ma molta tenerezza.

“Eh si, una figlia adottiva non è una macchina, ci racconta Chiara (nome di fantasia), mamma di Pamela. Ha bisogno dei suoi tempi, dei suoi spazi.  E noi abbiamo atteso con fiducia e l’abbiamo rispettata fino a quando non ci ha aperto il suo cuore.

All’inizio è stata dura, non ci voleva. Ci rifiutava, non era pronta  ad avere due genitori, lo spavento era più forte della voglia d’amore. Noi le siamo stati vicino senza opprimerla.

Un viaggio chiamato adozione: come è nata in voi questa idea?

Fin dai primi tempi  del nostro matrimonio, avevamo in mente di avere un figlio e non abbiamo mai  perso di vista questo desiderio; in noi balenava l’idea anche di intraprendere un percorso adottivo. Per noi l’importante era avere un bimbo da amare e proteggere. Non era importante se fosse “arrivato” naturalmente o con un’adozione..un figlio è sempre un dono da accogliere. Un giorno poi abbiamo partecipato a dei corsi sull’adozione organizzati dal nostro Comune di residenza e li.. si è aperto un mondo prima sconosciuto ai nostri occhi.

Come è stato il vostro cammino?

Abbiamo iniziato a cercare ulteriori informazioni sull’adozione sia da internet che sui libri; ci sentivamo molto coinvolti e pronti ad affrontare ogni difficoltà. Così ci siamo rivolti a vari enti tra i quali Ai.Bi. La scelta è stata per noi molto naturale; ci piaceva la filosofia di vita di Amici dei Bambini, la disponibilità dei paesi, il clima professionale che si respira. Era l’ente per noi! Il cammino è stato duro, lungo, un percorso ad ostacoli; ci sono stati molti momenti di sconforto ma ce l’abbiamo fatta, insieme, sostenendoci a vicenda!

Adesso come procede la vostra vita?

Siamo una famiglia; la nostra piccolina si è ambientata in Italia e adora giocare con i suoi coetanei e andare a scuola! Purtroppo sono gli altri che non sono preparati ad accogliere un bambino adottato; è il sociale che deve cambiare.

E’ vero che lei si sta impegnando all’interno della sua azienda per aiutare altri bambini in difficoltà?

Si io lavoro in un’azienda molto grande e ho avuto la possibilità di presentare un progetto sullo sviluppo sostenibile. Con dei miei colleghi abbiamo discusso sulle difficoltà che incontrano i minori abbandonati nel corso della loro vita e abbiamo trattato argomenti con l’adozione, l’affido, il sostegno a distanza. Ho trovato in azienda persone che come me avevano vissuto l’accoglienza in prima persona e abbiamo raccontato le nostre esperienze, organizzato momenti di incontro che speriamo di ripetere presto. Sono felice di avere la possibilità di continuare a lottare contro l’abbandono!

Un consiglio per le coppie che si avvicinano con timore all’adozione?

Non avere paura; l’adozione è un percorso meraviglioso, colmo di ostacoli che, se superati, portano al dono più bello: mio figlio. Si affronta tutto, ci vuole cuore e coraggio!