Siria, la mancanza di medici fa più vittime delle bombe

ospedale-da-campo-642x336Un Paese senza medici e senza ospedali, in cui il numero di morti a causa della carenza di prestazioni sanitarie supera quello delle vittime di guerra. La Siria sta diventando tutto questo, anche a causa di una legge anti-terrorismo, approvata nel luglio 2012 dal governo di Bashar al Assad, che punisce tutti coloro che forniscono sostegno all’opposizione. Compresi i medici che offrono assistenza sanitaria. Secondo un rapporto dei Medici per i Diritti Umani, sono circa 15mila i medici che hanno lasciato la Siria dall’inizio della guerra civile, 3 anni fa.  E il dato tiene conto solo della metà dei “camici bianchi” certificati. Oltre a loro sono state costrette a scappare anche altre figure del settore sanitario, infermieri, autisti e personale paramedico.

Se a questo si aggiungono i danni provocati dal conflitto alle strutture ospedaliere, ne emerge un quadro drammatico che vede ormai allo sfascio quello che era uno dei migliori sistemi sanitari del mondo arabo. Si è stimato infatti che, dall’inizio della guerra, il 57% degli ospedali siriani è stato danneggiato, il 37% è stato reso completamente inutilizzabile e sono stati uccisi 398 membri del personale medico. A causa di questa situazione, secondo le stile effettuate dalle Nazioni Unite, sarebbero già morte circa 300mila persone, per la gran parte bambini, più di quelle uccise da armi da fuoco.

La maggior parte dei medici che hanno lasciato la Siria si sono diretti verso Giordania, Arabia Saudita, Turchia, ma anche Europa e Stati Uniti. Per quasi tutti loro sarà impossibile tornare presto in patria sia per ragioni di sicurezza sia perché ci vorranno anni prima che la situazione economica siriana torni ai livelli pre-crisi. Il servizio sanitario, per esempio, impiegherà generazioni per essere completamente ripristinato.

Emblematica è la storia di Mohammed, uno delle centinaia di medici arrestati mentre svolgevano il loro lavoro. Oggi vive negli Stati Uniti e recentemente ha raccontato la sua storia alla tv araba “Al Jazeera”. Nel 2012, mentre lavorava come medico di campo a Damasco, divenne bersaglio di una brutale repressione che colpiva tutti coloro che assistevano i feriti nelle zone controllate dall’opposizione. “Ho lasciato la Siria dopo essere stato in carcere per ben 3 volte – ha raccontato –. In nessuna delle occasioni in cui sono stato detenuto ho ammesso che stavo aiutando le persone ferite. Solo così sono stato rilasciato. Mi hanno torturato solo per il sospetto che stessi aiutando tutti coloro che non potevano ricevere cure mediche”. Molti suoi colleghi, invece, sono stati in carcere per più di 18 mesi o uccisi.  “è in Siria che vorrei essere adesso – ammette –, ma il regime di Assad mi ha costretto ad abbandonare il Paese. Vorrei tornarci quanto prima, ma sono sicuro che mi tratterrebbero al confine”.

 

Fonte: Info Oggi