Sostegno a Distanza. Griffini (Ai.Bi.): “Serve indagine statistica per rilanciare il SAD sulla base di un codice etico”

Nel 2013 un’indagine Eurisko fotografava le difficoltà del settore. “Basta con il marketing, urgono uno studio serio e un’inversione di rotta”

Che cos’è il Sostegno a Distanza oggi in Italia? Quali strumenti e azioni possono essere adottati per supportarlo? Difficile capirlo, perché da ormai troppo tempo manca un’indagine approfondita sul tema, che fotografi la realtà e che possa consentirne un rilancio sulle basi di un codice etico. Codice senza il quale il SAD è destinato a diventare mera raccolta fondi o, peggio, un banale prodotto da vendere”. Lo sostiene il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini. L’organizzazione, nata oltre trentacinque anni fa da un movimento di famiglie adottive e affidatarie, ha come missione la lotta all’abbandono minorile, in Italia e nel mondo, e ha all’attivo progetti di Sostegno a Distanza in 11 Paesi.

L’ultimo studio serio risale a una ricerca Eurisko del 2013. Una ricerca che, purtroppo, fotografava una situazione non positiva. Dal 2006 al 2013, la percentuale di famiglie italiane propense ad attivare un Sostegno a Distanza era scesa vertiginosamente, dal 50% al 29%, mentre i nuclei famigliari con un sostegno attivo erano calati da quattro milioni a un milione e mezzo. Gli unici dati aggiornati disponibili, tuttavia, sono quelli di Open Cooperazione del 2017, che illustrano come oggi sia gestita questa particolare forma di accoglienza.

In Italia sono 268.304 i sostegni attivi, con una media di oltre seimila per organizzazione. Complessivamente, sulle 123 organizzazioni registrate, 43 hanno all’attivo progetti SAD, il 38%. Organizzazioni alle quali fanno riferimento 6.866 dipendenti e 72.188 volontari. A fare la parte del leone, tuttavia, sono le “multinazionali della solidarietà”: il 57% del SAD è operato infatti da due sole realtà. Si tratta di Save the Children e ActionAid. Le altre 41 organizzazioni si dividono il restante 43%.

“Dati che mostrano una concentrazione importante – ha aggiunto Griffini –  e che, senza dubbio, devono far riflettere. Ciò che, comunque, bisogna evitare è che il Sostegno a Distanza, che deve avere un’identità ben precisa, quella cioè della terza forma di accoglienza dopo adozione e affido, rimanga senza studi approfonditi che ne determinino le possibilità di sviluppo e resti invece in balia del semplice marketing, che ha trasformato il SAD in un prodotto commerciale, svilendone autorevolezza e bellezza. Non è un problema da poco. La lotta alle migrazioni, ai viaggi dei disperati, comincia, per esempio, con il supporto formativo dato a quei minori abbandonati che, terminata l’istituzionalizzazione, rischierebbero di restare sbandati, i cosiddetti ‘care leavers’”.

“L’assenza di regole – ha proseguito Griffini – ha trasformato tuttavia la comunicazione per una realtà nobile e preziosa come il SAD in una corsa sfrenata ad accaparrarsi sostenitori e vede l’impiego di pratiche davvero sgradevoli come la cosiddetta ‘pornografia del dolore’ o le ‘promozioni’ per la vendita del sostegno a distanza a cifre come nove euro al mese. Ecco perché urge un’inversione di rotta”.

Attualmente la raccolta fondi sarebbe normata dall’articolo 7 del Codice del Terzo Settore, le cui linee guida (che deve redigere il Ministero del Lavoro), cui la norma rimanda, non sono purtroppo ancora state scritte.