Tutela dell’anonimato della madre biologica: bastano pochi emendamenti per evitare tanti aborti

madre anonimaSalvaguardare il diritto all’anonimato della madre che, al momento del parto, ha chiesto di non essere nominata. È questo il modo più efficace per evitare un ricorso ancora più massiccio all’aborto e all’abbandono, oltre che ulteriori traumi a quei figli che, non riconosciuti alla nascita, si dovessero vedere rifiutati una seconda volta da adulti. Tutto ciò è previsto dall’articolo 28 della legge 184 del 1983, dichiarato però illegittimo da una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 278 del 2013, perché non prevede la possibilità per il giudice di interpellare la madre su richiesta del figlio.

Contro questa decisione della Consulta, si sono mosse diverse associazioni, tra cui Amici dei Bambini – da sempre favorevole alla tutela dell’anonimato dei genitori biologici dei figli adottivi -, che hanno aderito all’appello lanciato dall’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie (Anfaa).

L’iniziativa – che ha trovato l’appoggio anche di alcuni importanti giuristi come Luigi Fadiga, Garante per l’infanzia e l’adolescenza dell’Emilia Romagna – mira alla consegna, entro il 18 novembre, di una raccolta firme alla presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini e alla presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti. Obiettivo: la presentazione di una serie di emendamenti all’articolo 28 della legge 184/83. Due in particolare gli aspetti che al centro dell’attenzione. Precisare, al comma 7, che “l’accesso alle informazioni è consentito nei confronti della madre biologica che, avendo dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, abbia successivamente revocato tale dichiarazione. L’accesso non è consentito nel caso in cui la madre biologica sia deceduta. La revoca può essere sempre resa dalla madre ad un notaio o ad un Ufficiale di stato civile che provvederà a trasmetterla all’ufficiale dello stato civile del comune di nascita del figlio”. Sempre al comma 7, inoltre, si chiede che venga previsto che “su istanza del figlio, non riconosciuto alla nascita nel caso in cui la madre biologica abbia preventivamente revocato l’anonimato (…), il Tribunale per i Minorenni, con modalità che assicurino la massima riservatezza, anche avvalendosi del personale dei servizi sociali, contatta la madre”.

Al fianco di Anfaa e delle altre associazioni aderenti all’appello si sono già schierati Francesco Belletti per il Forum Nazionale delle Associazioni Familiari, Marco Giordano per la Fondazione Progetto Famiglia  e le onorevoli Micaela Campana e Anna Rossomando del Partito Democratico.  Quest’ultima, in particolare, il 13 ottobre 2014, ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Andrea Orlando, con cui si chiedeva di intervenire in merito alla decisione assunta da alcuni Tribunali per i Minorenni di procedere ad autorizzare la ricerca dell’identità della donna senza aspettare la nuova normativa prevista dalla Corte Costituzionale. Uno dei Tribunali che si sono attivati in questa direzione è quello di Torino, contro la cui decisione si è schierato anche il Consiglio Comunale dello stesso capoluogo piemontese che ha chiesto formalmente al Parlamento di agire legislativamente per tutelare quanto più possibile l’anonimato della madre.

Il percorso per la presentazione degli emendamenti è ora una lotta contro il tempo per ottenere più adesioni possibili su una questione tanto complessa e delicata, dalla quale può dipendere la stessa venuta al mondo di tanti bambini.