USA: Depressione post adozione, un fenomeno oramai dichiaratamente diffuso

First-World-ProblemsTutte le madri biologiche conoscono il significato del termine “depressione post partum”: una tristezza e un crescente malcontento che, nelle settimane che seguono la nascita di un figlio, sembrano incurabili.

Ma finora solo alcuni assistenti sociali, coinvolti nel mondo delle adozioni, avevano osato preparare le madri adottive ad una triste prospettiva: che dopo la gioia dell’adozione, dopo aver abbracciato il proprio piccolo, dopo che amici e famiglia avessero festeggiato l’accoglienza di un orfano, sarebbe arrivata anche per loro la depressione.

Adesso invece uno studio condotto dall’Università americana “Perdue”, ha dimostrato l’effettiva esistenza di questo fenomeno, chiamandolo ufficialmente Depressione post adozione: un male psichico che colpisce dal 18 al 26% delle madri adottive.

E dato che ogni anno negli Stati Uniti si adottano circa 120.000 bambini, gli studiosi hanno ammesso che più di 20 mila madri adottive hanno ragione a dirsi sopraffatte dalla nuova situazione di madre, a sentirsi inadeguate, sole e tristi. E ad aver diritto a chiedere aiuto a medici o psicofarmaci.

Il prestigioso quotidiano “Washington Post” ha pubblicato nei giorni scorsi un lungo articolo su questa nuova prognosi. Scritto da Amy Rogers Nazarov, madre adottiva che aveva sofferto lei stessa di una grave depressione post adozione, l’articolo racconta la sua storia.

Nel febbraio del 2008 la giornalista era tornata insieme al marito Ari dalla Corea del Sud, portando con sé il piccolo Jacob, il quale si era ripetutamente ammalato. Febbri, raffreddore, dolori intestinali avevano convinto i genitori a portarlo da vari pediatri.

L’ultimo li aveva allarmati notevolmente, dicendosi preoccupato per le dimensioni della testa di Jacob, ipotizzando che soffrisse di idrocefalia.

Dopo settimane di notti in bianco, la Nazarov si era convinta di non essere degna di far da madre a quel “meraviglioso sconosciuto” e si era sentita stressata al punto di non pensare di poter andare avanti.

Un mese dopo aveva smesso di mangiare e non se la sentiva neppure di alzarsi dal letto: la depressione la stava paralizzando e, non riscendo a curarsi di Jacob, era terrorizzata che gli assistenti sociali glielo volessero portar via.

“A 39 anni mi sentivo finita,” scrive la Nazarov, “La depressione mi aveva paralizzato e nessuno mi capiva.”

Per fortuna la giornalista aveva trovato su Internet i risultati del nuovo studio e si era messa in contatto con l’italo americana Lisa Catalano, professoressa di psichiatria del “George Washington Medical Center”, che si era specializzata nella depressione post adozione.

“La mancanza di sonno,” le aveva spiegato il medico, “I cambiamenti nel rapporto di coppia, la necessità di farsi aiutare dopo una vita relativamente indipendente, lo stress di un bimbo, tutto questo cambia improvvisamente l’identità di una madre adottiva che non soffre di cambiamenti ormonali come una partoriente, ma che scivola spesso in una depressione altrettanto severa e che va curata e riconosciuta, soprattutto dal marito.”