Utero in affitto in Ucraina. Il plenipotenziario Kuleba: “Si chiuda questo mercato alle coppie straniere”

L’arcivescovo Shevchuk: “Sistema giuridico ucraino restrittivo sulle adozioni, ma non sulla maternità surrogata”

Continua a far discutere il tema dell’utero in affitto in Ucraina. La vicenda dei bimbi “stipati” all’hotel “Venezia” di Kiev ha alzato i riflettori su un “mercato”, quello dei neonati concepiti con maternità surrogata, che sta sempre più mostrando i tratti della sconcertante concezione transumanista alla sua base. Così, ora, anche il plenipotenziario presidenziale per i Diritti dei bambini nel Paese, Mykola Kuleba, ha affermato la necessità di chiudere il mercato della maternità surrogata, almeno per le coppie straniere.

“Nella maggior parte dei Paesi – ha infatti affermato Kuleba, come riporta Censor.netla maternità surrogata, in particolare la maternità surrogata commerciale, è vietata, dal momento che questi stati la considerano una violazione dei diritti del bambino, poiché in tali situazioni il bambino è posizionato come merce”. Parole forti, le sue. Quindi la proposta: “Credo che oggi sia necessario che si chiuda questo mercato alle coppie straniere. Per quanto riguarda le coppie ucraine, è necessario discuterne e discuterne”.

Kuleba, tra le altre cose co-fondatore dell’Alliance for Ukraine Without Orphans, ne aveva già parlato in precedenza, sollevando inoltre il dubbio che il mercato dell’utero in affitto, in Ucraina, possa essere in buona parte sommerso e con numeri più ampi rispetto a quelli visibili.

Utero in affitto in Ucraina. La posizione dell’arcivescovo e le adozioni

Anche Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, co-firmatario di un recente appello-denuncia da parte della locale conferenza episcopale, ha usato toni molto forti in una recente intervista con Vaticannews.va. “Siamo di fronte ad un doppio crimine – ha detto l’arcivescovo – Questo fenomeno della maternità surrogata o utero in affitto innanzitutto è un crimine contro la dignità della donna che per vari motivi, soprattutto economici, è costretta a vendere, anzi svendere, il suo corpo e la sua maternità tramite contratti di schiavitù sottoscritti con questi centri ‘della salute riproduttiva’, come la BioTexCom. Appena firma la donna diventa oggetto di sfruttamento a livello internazionale ed ecco il primo crimine. La seconda dimensione di questo crimine è il bambino che diventa oggetto di compravendita e del traffico di esseri umani. Attualmente alla BioTexCom ci sono quasi 50 bambini abbandonati, trattati e mostrati come merce e non certo come esseri umani. Poi quando la pandemia finirà e si riapriranno le frontiere, verranno queste famiglie che hanno commissionato il loro bambino frutto di una manipolazione biotecnologica e compreranno i loro figli, questo è inaccettabile”.

Il prelato ha sottolineato anche la differenza di rigidità dei controlli normativi tra adozioni e utero in affitto: “Purtroppo – ha spiegato – il sistema giuridico ucraino è molto restrittivo nei confronti delle adozioni, ma non lo è su altre cose. Ad esempio, se una famiglia adesso vuole adottare un bambino troverà migliaia di difficoltà e impedimenti, ma sull’utero in affitto non c’è legislazione. Siamo di fronte ad una vera e propria ‘lacuna legis’ che i centri di salute riproduttiva sfruttano a loro piacimento dando vita ad un vero e proprio commercio”