“Noi figli di divorziati. Ecco come siamo diventati da grandi”

famigliaRiportiamo di seguito il testo integrale dell’intervista rilasciata da Francesca ed Emanuele, entrambi figli di genitori separati che si sono sposati e hanno formato una famiglia felice, ai giornalisti Chiara Pelizzoni e Simone Bruno, pubblicata su “Famiglia Cristiana” del 16 novembre 2014.

 

Leggere le vite e le scelte degli altri in chiave familiare non trova sempre tutti d’accordo. A maggior ragione quando gli interlocutori, entrambi figli di genitori divorziati, si sono scelti con cura, si sono sposati e hanno creato una famiglia numerosa e felice. Così è stato per Francesca ed Emanuele, che hanno conosciuto nella casa d’origine le curve e le difficoltà dei rapporti di coppia fino ad arrivare alla separazione e da lì sono ripartiti lungo una strada personale fatta di impegno, dedizione e radicalità.

Emanuele aveva un anno quando i genitori si sono separati e 13 quando sua madre e il nuovo compagno, dopo avergli dato un fratellino, si sono lasciati. “Quello sì, lo ricordo bene. Anche perché, abitando con noi, per me era diventato un secondo papà”. Lui quella delusione non l’ha retta. Passi la prima di cui non ha ricordi, ma la seconda no e così, nonostante la giovane età, “ho deciso di andare a vivere con i nonni. Loro erano del 1904. Non so se andassero davvero d’accordo, ma so che non si sarebbero mai lasciati”.

Francesca, pure, aveva 12 anni quando il padre se n’è andato di casa. “Lo ricordo bene. Siamo rimaste io e mia madre dopo un periodo molto turbolento durato qualche anno. Se ci ripenso dico che la separazione è stata un sollievo. Poi eravamo molto più serene. Mia madre, negli anni, non si è mai più risposata. Mio padre, invece, si è risposato e riseparato. Ma io non sono mai entrata veramente nella loro vita di coppia”.

Così la madre di Emanuele che, dopo il compagno, si è risposata con un uomo che tuttora è al suo fianco. “Una storia complicata, un intreccio che credo sia segno della modernità. I nostri genitori sono cresciuti negli anni Sessanta, un momento culturalmente di rottura di certe forme di conformismo” riflette Emanuele. “Gli anni del referendum sul divorzio, in cui rompere una famiglia non era più così scandaloso. In cui è franata una diga perché conteneva qualcosa che già c’era sotto. Costruire un rapporto è faticoso, sposarsi giovani e sostenerlo, se per di più non funziona, lo è ancora di più. Allora come oggi. Viviamo in un tempo in cui crediamo nell’autorealizzazione ed essere infelici è insopportabile. Siamo quelli che non sono nati più per soffrire”.

È il 2000 quando Francesca ed Emanuele si conoscono. “All’inizio tendi a ripetere lo stesso modello che hai visto in casa e rifare gli stessi errori”, ricorda Francesca. “Poi quando ho conosciuto lui ho capito che dovevo comportarmi in modo diverso. In quel periodo stavo facendo una riflessione sulla competenza del desiderio: non basta desiderare l’appetibile lì per lì, ma ciò che va bene per te. Tanto che avevo scritto questa frase a grandi lettere nel mio soggiorno, per imparare a desiderare ciò che faceva bene per me. È stato questo che mi ha permesso di riconoscerlo”. E a Emanuele di riconoscere lei: “Il desiderio lo devi far maturare perché si renda comprensibile e, poi, decidi se assecondarlo o meno. Sennò ti lasci agire”.

Così dopo due anni si sposano, prima civilmente, “volevamo sceglierci noi prima di avere un bambino”, poi arriva il primo figlio e quando chiedono il battesimo per lui l’incontro con il sacerdote li interroga sul loro percorso di fede. “Era il 2004 e lì è iniziata la conversione. Due anni dopo, quando è nata anche la seconda figlia, ci siamo risposati in Chiesa. Con una sensazione molto diversa”, specifica Emanuele, “di essere un’unica carne, tra noi e con Dio”. Una scelta fatta con certezza, senza dubbi, paure o sofferenze per quanto vissuto. “Ognuno soffre nella misura in cui fallisce le scelte che ha fatto, non quelle degli altri”, specifica Francesca. “E noi”, aggiunge Emanuele, “anzi abbiamo scelto con molta più consapevolezza. Quando passi per dei processi di rottura sei molto meno ingenuo”.

“Un esempio? La gestione del denaro. Da subito abbiamo scelto di avere tutto in comune scommettendo sin dal primo giorno. Sappiamo che le cose possono saltare e, per questo, vogliamo giocarcela fino in fondo. E se nel comportamento dei nostri genitori abbiamo visto spesso leggerezza, abbiamo cercato di prendere seriamente il nostro impegno. E di vivere”, aggiunge Francesca, “le cose insieme con radicalità e un peso che è molto specifico”.

Consapevolezza, reciprocità e sobrietà. Uno stile di vita che ispira la loro famiglia e che si costruisce giorno per giorno con la testimonianza. “Ribadendo con l’esempio la scelta fatta. Convinti, però, che non ci sia e non si possa passare un modello di famiglia. L’unico modello che esiste è quello della relazione umana e ce lo insegna il Vangelo. Ognuno, poi, fa la sua strada e costruisce qualcosa di nuovo. La famiglia è un’avventura che va scoperta e vissuta ogni volta”.

E se mai ci fosse un suggerimento da dare: “Litigare, perché l’attrito fa parte dell’intimità, ma addormentarsi senza rancore. Come dice il salmo: Che non tramonti il sole sopra la vostra ira”.