Adozione internazionale. Come possiamo capire che limite dare all’età massima del figlio, se non è specificato nel decreto o nella relazione?

Buongiorno,
siamo Margherita e Giovanni,
genitori che hanno avuto l’idoneità per l’adozione e sono in attesa dell’abbinamento. Tante sono le domande che in questo periodo di attesa vengono in mente, una, in particolare, riguarda l’età dei bambini proposti: se non è specificato nel decreto o nelle relazioni, come possiamo capire che limite dare all’età massima del figlio?

Grazie per il vostro aiuto.
Margherita e Giovanni

Il tema dell’età del bambino che una coppia si sente in grado di accogliere è molto dibattuto durante il percorso svolto con i servizi sociali e i Tribunali, così come nella formazione pre-idoneità e, poi, nell’incontro con gli Enti Autorizzati.
Argomento delicato e complesso perché coinvolge la coppia sia a livello più consapevole, sia, forse soprattutto, a un livello più profondo e fin dall’inizio del percorso adottivo. Solitamente, quando all’interno di una coppia comincia a maturare il progetto di accogliere un bambino in adozione, aspiranti papà e mamma sognano un bambino molto piccolo. Se non proprio neonato, nella maggior parte dei casi ci si immagina un bambino sotto i tre anni. Poi, durante il percorso di formazione e valutazione dei servizi, si apprende che difficilmente si riceverà una proposta di abbinamento di un bambino così piccolo e si viene invitati a confrontarsi con un bambino un po’ più grandicello. È lì che la coppia comincia a fare “un esame di realtà” e a pensarsi genitore di un bambino più grande.

Un aiuto in questo senso può essere cominciare a riflettere su cosa poter fare con un figlio più grande: condividere momenti di vita quotidiana e interessi (tempo libero all’aria aperta, viaggiare insieme, ecc.), ma anche poter parlare più apertamente della realtà adottiva, perché un bambino grandicello ha più capacità di comprendere ciò che gli sta accadendo. Un bambino molto piccolo, invece, non ha gli strumenti cognitivi per capire come mai viene allontanato da un contesto che conosce (l’istituto nella maggior parte dei casi, ma a volte anche una famiglia affidataria) e spesso “agisce” il suo disagio attraverso il comportamento perché non riesca a comprendere e a parlare delle sue paure.
I momenti formativi organizzati da Associazioni ed Enti Autorizzati possono essere importanti occasioni per “misurarsi” con bambini di età diversa, perché vengono spesso presentati casi concreti attraverso testimonianze di famiglie, storie reali di bambini accolti da vari paesi del mondo, simulazioni e perfino esercitazioni con role playing.

Queste riflessioni di coppia e in gruppo sono fondamentali per capire le risorse che ognuno ha per accogliere uno o più figli in adozione, per confrontarsi sul tema dell’età, ma non solo. È alla fine di questo percorso di formazione e riflessione, infatti, che può avere senso ragionare sulla fascia di età che potrebbe avere il bambino che ci si sente di poter accogliere. Basare le proprie disponibilità solo sui sogni fatti nelle prime fasi del percorso adottivo o sulle sollecitazioni di persone esterne (amici, parenti, operatori dei servizi o degli EEAA) sarebbe poco sensato, per non dire pericoloso, perché non si baserebbe sulle reali capacità e risorse degli aspiranti papà e mamma, andando a limitare le opportunità adottive sia per loro, sia per i bambini in attesa.

Patrizia Moretti
psicologa Ai.Bi.