Psicologia dell’adozione. I fallimenti adottivi? Nascono… prima dell’adozione

Spesso chi aspira all’adozione internazionale si chiede quanti siano i fallimenti adottivi. Una domanda mal posta, perché il vero fallimento… c’è solo se l’adozione non si verifica Capiamo cosa significa

Durante i corsi con le coppie interessate all’adozione internazionale, specie nei primi incontri informativi dove vengono discussi tutti i dubbi che coppie e single, magari completamente a digiuno dell’argomento, possono avere, capita spesso di sentirsi chiedere quale sia la percentuali dei fallimenti adottivi. Detto in altre parole: quante adozioni, rispetto al totale di quelle realizzate, “finiscono male”.
Il dubbio è comprensibile e molto umano, e certamente amplificato dal tenore delle storie che si possono leggere su internet, dove la cronaca tende a riportare solo i casi, spesso nemmeno così realistici, di storie drammatiche.
Proviamo allora a rispondere davvero con l’aiuto di Marina Piccolo, psicologa che da anni collabora con Ai.Bi. Amici dei Bambini, esperta delle dinamiche relative all’adozione.

I momenti di crisi non sono in alcun modo dei “fallimenti”

“Innanzitutto, è fondamentale focalizzare l’attenzione su cosa si intende per ‘fallimento adottivo’, un concetto complesso che racchiude diversi significati ma che non è da confondere con un momento di crisi familiare, né con un momento di crisi di alcuni figli adottivi. Nella maggior parte dei casi, questi ultimi, durante l’adolescenza, di per sé momento critico della vita di ciascun ragazzo, vivono uno stato di profonda sofferenza a causa delle esperienze di abbandono, e/o di maltrattamenti, vissuti nei primi anni della loro vita con la famiglia d’origine o in istituto. Alcuni ragazzi presentano comportamenti dirompenti, o vivono momenti di profonda crisi depressiva o, ancora, manifestano comportamenti a rischio difficili da gestire, causando di conseguenza un momento di profonda crisi familiare.
Dall’esterno, spesso si leggono queste situazioni come fallimenti dell’adozione, ma in realtà non lo sono. Sono gli effetti delle conseguenze post traumatiche dei drammi vissuti con la famiglia d’origine o nel Paese di nascita.

Quando un’adozione si può dire “fallita”?

Il vero e proprio fallimento adottivo può essere identificato con la situazione in cui l’adozione non si verifica realmente. Ovvero, quando non si crea il legame di filiazione; quando un bambino viene accolto dalla coppia ma, in realtà, non lo è nel profondo, non lo è fino in fondo. In questi casi, il senso di distacco vissuto giorno dopo giorno crea una situazione in cui quel bambino non si sente appartenere alla famiglia adottiva, sviluppando un sentimento di estraneità che rischia di esplodere.

L’adozione… prima dell’adozione

Vale la pena fare un passo indietro. L’accoglienza di un figlio è un percorso che deve iniziare molto prima dell’incontro con il figlio, non può avvenire dopo che la coppia lo ha conosciuto e nei primi mesi di vita insieme. È pertanto fondamentale un percorso personale e di coppia formativo e maturativo prima dell’adozione. Da un desiderio di genitorialità, la coppia (o il single) deve arrivare a scegliere di rivestire il ruolo di genitore adottivo e di identificarsi con questo ruolo rispetto al bimbo che verrà… che sia un bimbo piccolo o grande, con il suo zaino più o meno pieno di esperienze drammatiche o traumatiche già vissute con i genitori biologici, in istituto o in famiglia affidataria.
I possibili genitori devono sviluppare consapevolezza rispetto al fatto che un bimbo adottato non potrà sostituire un figlio biologico mai arrivato o che è mancato, un figlio che assomiglia a loro o che sia perfetto, oppure un figlio che risponda ai loro bisogni. L’adozione è dono e accoglienza totale di una persona diversa da sé, che ha sofferto e che solo con la sua famiglia può permettersi di affrontare, ancora, quella sofferenza e quel dolore e superare i traumi vissuti.
L’adozione è anche e soprattutto accoglienza piena, incondizionata. Se il bambino percepisce questa accoglienza profonda, potrà fidarsi delle persone che deve chiamare mamma e papà, potrà affidarsi totalmente e sentirsi parte di quella nuova famiglia. Con la certezza che i suoi genitori saranno sempre presenti per lui, anche quando crescerà e soffrirà molto, perché vorrà capire chi è, cosa è successo nel suo passato, perché è stato abbandonato… e dare così un senso alla sua storia.

Marina Piccolo
psicologa di Ai.Bi.