Brasile, ancora tanti minori abbandonati hanno bisogno di una famiglia straniera

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Rendere gli istituti l’ultima alternativa per l’accoglienza dei minori senza famiglia e agevolare il procedimento per le adozioni internazionali. Le autorità brasiliane si pongono tutto sommato sulla stessa linea di Amici dei Bambini, anche se rimangono ostacoli consistenti da superare: procedure troppo macchinose e forti contraddizioni tra i diversi Stati all’interno della federazione brasiliana.

È quanto emerso dal convegno tenutosi a fine marzo a Natal, capitale dello Stato del Rio Grande do Norte, a cui hanno preso parte i rappresentanti dell’Autorità centrale brasiliana per le adozioni (Acaf), delle Commissioni giudiziarie per le adozioni a livello statale (Cejas) e degli enti accreditati, tra cui la rappresentante nazionale di Ai.Bi. in Brasile Isis Ribeiro Pinto.

Primo punto: la deistituzionalizzazione. Secondo quanto affermato dal rappresentante del Ministero dello Sviluppo Sociale, Renato Roseno, la priorità è quella di prevenire il ricorso agli istituti, che dovrebbero esserci solo nel caso in cui manchi qualsiasi alternativa. A questo scopo, è necessario lavorare molto sulla prospettiva dell’affido familiare. Ma questa pratica è ancora allo stato embrionale in Brasile e quasi inesistente in alcuni dei suoi Stati. Il governo di Brasilia prevede comunque che le politiche di protezione dell’infanzia possano contare su un budget quintuplicato rispetto a quello attuale, in modo da rendere possibili un nuovo piano di accoglienza per i minori abbandonati e l’apertura di nuovi istituti laddove strettamente necessario.

Capitolo adozioni internazionali. Per le autorità brasiliane queste sono una sorta di ultima spiaggia, una misura di certo positiva, ma eccezionale per far fronte all’abbandono. Insomma, una strategia vista nel complesso del sistema predisposto per inserire i bambini all’interno di un contesto familiare sano e affettivo. Pertanto il governo brasiliano non si dice né a favore né contro questa pratica e interpreta il calo registrato nel 2013 solo alla luce del più ampio fenomeno dell’accoglienza familiare dei minori. Per l’Acaf, quindi, se le adozioni internazionali sono diminuite a fronte di un aumento di quelle nazionali, non si può parlare di crisi, ma di una sorta di redistribuzione. Ciò che dovrebbe però premere alle autorità carioca è trovare una sistemazione per tutti quei minori più grandi o per le fratrie per cui quasi nessuna coppia brasiliana si è detta disponibile all’adozione. Solo il 4% delle famiglie brasiliane presenti nel Registro nazionale delle adozioni (Cna) sono disponibili ad adottare bambini di 6 anni, il 2% accoglierebbe piccoli di 7 anni e solo l’1% adotterebbe minori di almeno 8 anni.

In ogni caso, l’Acaf ha intenzione di agevolare le procedure di adozione internazionale, a cominciare dalla semplificazione e velocizzazione delle procedure di riaccreditamento per gli enti internazionali promesse in tempi “brevissimi”. Inoltre si intende fissare un termine massimo di 9 mesi per portare a compimento il processo di deistituzionalizzazione per ciascun minore.

Il Cna, a detta della rappresentante di Ai.Bi. nel Paese sudamericano, è ridotto a una sorta di “deposito di bambini”: la necessità impellente è quella di favorire la ricerca attiva delle Cejas all’interno del Cna in modo da poter agevolare l’adozione internazionale nei casi in cui è possibile. Una proposta di modifica al Cna è già stata approvata dal Conselho nacional de justica (Cnj): ora si attende che tale modifica diventi operativa.

Dal convegno comunque sono emersi segnali incoraggianti. Appare chiaro che ci sia interesse da parte della autorità brasiliane a supportare le necessità degli enti, visti come risorsa indispensabile per trovare un’accoglienza familiare ai bambini per cui non ci sono coppie richiedenti in Brasile. L’obiettivo condiviso è quello di migliorare il sistema di accoglienza per i minori.