CAI, Andrea Riccardi: «Per cambiare rotta bisogna ripartire dalla cooperazione»

ROMA, 10 gennaio – Andrea Riccardi, fondatore della Comunità Sant’Egidio, ministro della cooperazione e l’integrazione, una grande esperienza nei paesi più poveri del mondo, è da qualche settimana anche il nuovo presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, la CAI. Ossia la struttura governativa che gestisce i rapporti con i paesi d’origine dell’adozione e con gli enti autorizzati, che mettono in contatto le famiglie con i bambini. Un organismo fondamentale e deputato a stringere accordi, a vigilare sulle procedure corrette, ma anche ad incentivare solidarietà e aiuti.

Riccardi, che cosa si può fare per rilanciare l’adozione internazionale?

«Bisogna ripartire dalla cooperazione. L’Italia com’è noto è agli ultimi posti nell’aiuto ai paesi in via di sviluppo, tema che dovrebbe essere invece uno dei pilastri della politica estera di una nazione. Ma tornare a dialogare, concretamente, con l’Africa, l’America Latina, l’Asia, vocazione naturale per un paese “ponte” tra culture, razze e religioni come il nostro, potrebbe sicuramente dare anche un maggiore impulso alle adozioni internazionali».

In Italia però, paese da sempre leader dell’accoglienza, oggi c’è un drastico calo di domande per l’adozione. Un forte scoraggiamento. Se però cambiassero le condizioni…

«Siamo di fronte a un problema complesso, legato, in parte, alla crisi economica, che di certo non aiuta le famiglie a progettare con serenità il proprio futuro. Ma è anche l’età dei bambini a spaventare gli aspiranti genitori, che preferiscono quasi sempre di poter accoglierli piccoli».

L’età media dei bambini adottati in Italia è oggi di circa sei anni.

«Sì, ed è la più alta del mondo, da noi arrivano cioè ragazzi sempre più grandi – e questo dimostra per inciso anche la grande generosità delle coppie italiane –. Ma questa media è destinata a crescere, man mano che le condizioni dei paesi in via di sviluppo progrediscono».

Però, Ministro, la condizione dell’infanzia nel mondo peggiora di anno in anno: oltre 160 milioni di bambini abbandonati.

«Ci sono alcuni Stati nel mondo in cui ci sarebbe grande disponibilità di bambini da adottare. ma sono Stati che vivono condizioni drammatiche: guerre, carestie, fame, catastrofi naturali, pubblica amministrazione inesistente».

E questo rende impossibile l’adozione?

«Diciamo che queste condizioni così instabili, così poco organizzate, rendono estremamente difficile stipulare trattati internazionali e protocolli d’intesa, necessari a proteggere i bambini da adozioni irregolari e forme di sfruttamento».

Le domande di adozione sono calate, in modo sensibile. Ma sempre più coppie sono disponibili oggi anche ad adottare in Africa, superando vecchi schemi e resistenze sociali.

«Sono convinto che tutto passi dal rilancio della cooperazione verso questi paesi, l’Africa, l’America Latina, l’Asia. Se torniamo a dialogare, se facciamo azioni concrete, le adozioni internazionali come dicevo avranno un nuovo impulso».

(Fonte: La Repubblica, M. N. De Luca, 10 gennaio 2012)