Calo adozioni, Ai.Bi.: “Occorre più trasparenza”

grafico-disponibilita-bigNella giornata dedicata all’Open Day, giunto alla IV edizione e che si è svolta ieri e oggi in tutte le sedi di Ai.Bi. in Italia,  Amici del Bambini presenta i dati della pesante crisi delle domande di adozione. E spiega che «occorre maggiore trasparenza sui dati a tutti i livelli, istituzioni e associazioni; sostegno delle Regioni; tempi più rapidi e certi». Riportiamo la versione integrale del dossier pubblicato da Famiglia Cristiana a firma di Stefano Pasta.

Ormai è un trend. La fuga delle famiglie italiane dall’adozione internazionale. Lo dicono le proiezioni dell’associazione Amici dei Bambini sui dati dei singoli tribunali per i minorenni. «Abbiamo dovuto fare noi il calcolo», dice Valentina Griffini, responsabile dell’area estero di Ai.Bi, «perché, nonostante le promesse di trasparenza del Governo, la Commissione Adozioni non ha ancora pubblicato i dati del 2014».

Eccoli i numeri di Ai.Bi: 400 minori stranieri adottati in Italia nel primo quadrimestre del 2015, si prevede che saliranno a 1.600 entro dicembre perché tradizionalmente le accoglienze aumentano nella seconda parte dell’anno. Comunque un calo evidente (‒20%) anche solo rispetto al 2014: erano 900 adottati nel primo semestre, 2.000 a fine anno. «E già quel dato», commenta Griffini, «segnalava una diminuzione del 30% rispetto al 2013, meno della metà delle adozioni completate quattro anni prima. Al contrario in tutto il mondo aumentano i bambini che avrebbero bisogno di una mamma e un papà».

MENO DOMANDE, MENO ADOZIONI

Meno bambini adottati perché meno famiglie italiane fanno domanda. «Ne perdiamo 500 l’anno», dice Ai.Bi. Il dato 2014 è di 4.015 disponibilità presentate in 25 Tribunali su 27 (mancano quelli di Caltanisetta e Sassari), cioè la metà delle 8.274 del 2004.

Il record rimane a Milano (dalle 604 domande del 2013 alle 566 del 2014), seguita da Roma (527 in entrambi gli anni), Torino (da 401 a 310), Venezia (da 362 a 291), Firenze (da 331 a 264) e Bologna (da 287 a 246). Unica grande città in controtendenza Palermo, che sale dalle 120 del 2013 alle 138 dello scorso anno.

I PROBLEMI: I TEMPI DI ATTESA, COSTI, MANCANZA DI TRASPARENZA E LUNGAGGINI BUROCRATICHE

Eppure, fino a qualche anno fa la legislazione italiana era un “fiore all’occhiello”, grazie alla legge 184 del 1983, che a suo tempo ebbe il grande merito di porre fine al fai da te e al business delle adozioni.

Nota la responsabile di Ai.Bi: «Se continueremo con il calo di 500 disponibilità per anno, nel 2023 festeggeremo il cinquantesimo anniversario di quella legge arrivando a zero disponibilità». Tempi di attesa, costi, mancanza di trasparenza e lungaggini burocratiche. Per l’associazione sono queste le ragioni della sfiducia italiana verso l’adozione.

Spiega Valentina Griffini: «Ci sono enormi differenze tra i 60 enti accreditati dal Ministero, i costi variano molto a seconda delle associazioni e dei Paesi di nascita dei bambini. Anche sulle modalità di pagamento ci sono notizie di genitori a cui viene chiesto di portare contanti all’estero, nonostante sia vietato».

MA LA VOGLIA DI ADOZIONE IN ITALIA NON È FINITA

In ogni caso, la voglia di adozione in Italia non è finita. L’Ai.Bi ha seguito 69 sulle 400 famiglie adottive del primo quadrimestre del 2015 e 155 sul totale dell’anno precedente. Secondo l’associazione il Governo Renzi potrebbe fare molto di più per invertire la tendenza negativa. «Occorre», dice Griffini, «maggiore trasparenza sui dati a tutti i livelli, istituzioni e associazioni; aumentare la capacità delle Regioni di poter intervenire anche economicamente a favore dell’adozione. Le tempistiche vanno poi reimpostate con stime certe: non si può far aspettare otto mesi per fissare i colloqui per le pratiche di idoneità di una famiglia che ha presentato domanda».

Infine Ai.Bi propone una pratica che inverte la sfiducia: «Gruppi di famiglie che vivono insieme l’esperienza dell’adozione. Lo abbiamo visto lo scorso aprile quando una nostra operatrice ha accompagnato 12 coppie adottive in Cina che sono poi tornate in Italia con i loro figli.Condividere un momento così importante è senza dubbio una risorsa che aiuta tutti».

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